INTER-MILAN

Inter-Milan: la Scala del Calcio, Meazza, Gullit e Prosecco vs Franciacorta

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Siamo pronti per una nuova accattivante giornata eno-calcistica di Champions Wine nel segno del bel calcio (si spera) e dell’ottimo vino (si sa!). E sulla seconda di Ritorno possiamo darvi un po’ di certezze. Dopo un Udinese-Verona di nicchia, almeno dal punto di vista calcistico, ribaltiamo la prospettiva per la ventunesima giornata di Serie A e veniamo felicemente attratti dal “centro di gravità permanente” del calcio italiano, il derby di Milano. Per molti “il” derby: Inter contro Milan, bauscia contro casciavit, e tante, tante altre cose ancora sempre all’ombra della Madunina. Troppe per racchiuderle in un unico articolo, perché Inter-Milan, anche se stavolta non sembra un derby Scudetto, porta con sé una valanga di storie risapute e molte altre da raccontare.

di Raffaele Cumani & Antonio Cardarelli

Per questo abbiamo deciso di approcciare il derby con un taglio diverso, ma comunque attuale, partendo dal palcoscenico che dal 1926 lo ospita: lo stadio Giuseppe Meazza in San Siro, la “Scala del calcio”.  Già partendo dal Peppìn, ex per un solo anno (il 1940) nel Milan ribattezzato Milano per questioni che oggi diremmo di sovranismo linguistico (laddove, nel frattempo, la fu Internazionale per ovvi motivi era diventata Ambrosiana in un cortocircuito “glocal”, ma questa è un’altra storia…), ma bandiera assoluta dell’Inter, si potrebbe scrivere un romanzo. Ma non conoscendo le preferenze enologiche del “Balilla” per questa volta soprassediamo, anche se probabilmente, vista l’epoca, anche lui si limitava a bere forte nelle osterie meneghine. A proposito di storie da osteria, sul web si racconta che qualche decennio dopo i suoi trionfi calcistici, il campione del mondo e bandiera nerazzura, ospite in Calabria nel ’69, venisse rapito da un manipolo di studenti goliardi in cerca del necessario per organizzare un festino tra matricole. “Giuseppe Meazza è nelle nostre mani. Se lo volete rivedere sano e salvo, dovete farci avere 3 capre e 20 litri di vino. E niente scherzi.” Questo il minaccioso proclama che sarebbe giunto ai carabinieri che pare, “liberandolo” dagli assetati rapitori, lo trovassero in atteggiamento conviviale con questi ultimi. Ci piace pensare che questa storia a lieto fine sia effettivamente accaduta, a dimostrazione dello spettacolo di questo Paese!

San Siro, si diceva, è molto più di uno stadio. “Quando è illuminato sembra un’astronave atterrata nella periferia milanese”, ha scritto il giornalista inglese Tony Evans, che lo ha inserito al secondo posto nella classifica del Times degli stadi più belli del mondo dietro a quello di Dortmund (parliamone…). Per un calciatore è una vera prova del fuoco, se le gambe non tremano davanti agli ottantamila e passa di Milano, che su quel prato hanno visto il meglio del calcio mondiale, allora qualcosa di buono lo potrà combinare.

Già, perché Inter e Milan possono vantare 10 palloni d’oro, 31 campioni del mondo, 10 Champions League e 38 Scudetti.
In altre parole: Milano è una delle capitali mondiali del calcio.

Eppure, c’è un progetto che prevede l’abbattimento dello stadio San Siro, in base al seguente ragionamento: senza soldi, niente calcio di alto livello e senza stadio, niente soldi. Il ragionamento, in effetti, fila. Lungi da noi entrare nel dibattito sull’opportunità di buttare giù lo stadio, ma a naso – importante quando si parla di vino e non solo – l’idea di costruire uno stadio ancora condiviso tra le due squadre forse non è la migliore per dare basi economiche solide a Inter e Milan, e questa ancora una volta è un’altra storia.

Ma a San Siro noi siamo affezionati anche per un altro motivo, perché oltre a essere la Scala del calcio, è diventato negli anni lo stadio per eccellenza della musica. Vengono subito in mente i ripetuti sold-out del papa laico del rock italiano, Vasco Rossi, tifoso interista che ha trasformato San Siro nella sua San Pietro colma di fedeli(ssimi). Ma c’è un concerto che più di tutti ha fatto la storia dello stadio milanese e della musica italiana, perché ha aperto la strada alla stagione dei raduni musicali da migliaia di persone negli impianti sportivi. Stiamo parlando del leggendario concerto di Bob Marley del 27 giugno 1980, prima delle uniche due date del re del reggae in Italia. Raduni musicali così grandi, dopo la chiusura del festival del Parco Lambro nel 1976 e il concerto di Santana annullato dopo gli scontri al velodromo Vigorelli, non si vedevano da anni. Ma quel pomeriggio a Milano tutto sembra meravigliosamente in pace, anche se poi nella notte arriverà la notizia del disastro di Ustica. A San Siro ottantamila persone – centomila secondo altre versioni – si godono le intro d’eccezione di Roberto Ciotti e Pino Daniele prima di ascoltare War, Positive Vibration, Is This Love, Redemption Song, e altre perle tratte da album monumentali come Exodus.

S.C 1931 di Bellenda

Per raggiungere Zion crediamo che in quell’occasione non si sia consumato molto vino per la verità.

Noi se ci fossimo stati avremmo celebrato la chioma leonina di Bob con una bottiglia che per noi è stata un’esperienza mistica e inebriante quanto la sua musica. Il S.C 1931 di Bellenda, glera in purezza, ma metodo classico capace di affinare per anni e colpire dritto al cuore.

Che spettacolo!

Glera “significa” prosecco, ma ci arriviamo…

Un pomeriggio magico quello, raccontato anche da Antonello Venditti nella canzone Piero e Cinzia, perché a quanto pare Cinzia aveva mollato Piero proprio quando “lo stadio era pieno” per il concerto di Bob Marley. E Piero si consolò allora con un calice di prosecco appunto (ehm, no, questo lo abbiamo aggiunto noi…).

Ma c’è un altro motivo per cui abbiamo scelto lui per raccontare San Siro: Robert Nesta Marley (e chi non vede nel nome un chiaro segno del destino legato indissolubilmente a San Siro si dedichi pure ad altri sport e all’acqua naturale) da Trenchtown, Giamaica, era un grande appassionato di calcio al punto da dichiarare:
“Se non fossi diventato un cantante sarei diventato un rivoluzionario o un calciatore”
.

Bob praticava assiduamente il calcio per preservare il suo corpo, come imponeva la dottrina rastafariana. Chi lo ha visto giocare lo descrive come una sorta di Gattuso con le trecce, poca qualità ma molta sostanza, amante dei contrasti e coraggio da vendere. Per ovvie ragioni (almeno crediamo) Bob Marley è amato anche dai tifosi dell’Ajax di Amsterdam – squadra che un paio di anni fa gli ha dedicato una stupenda maglia – che in ogni partita intonano Three Little Birds.

Da brividi!

Insieme ad alcuni amici e componenti dei The Wailers Bob Marley aveva creato una squadra vera e propria – l‘House of Dread Football Club – che una volta sfidò anche il Nantes. Chissà se anche Bob avrà calcato il prato di San Siro tra un soundcheck e l’altro, magari con un po’ di nebbia artificiale che a Milano ci sta sempre bene?
A noi piace immaginare di sì…

Ma tornando al derby, un calciatore vero con le treccine – e che calciatore! – San Siro non solo lo ha calcato, ma lo ha fatto esplodere di gioia: parliamo ovviamente di Ruud Gullit. Trecce stile Bob, baffi, pantaloncini attillati e classe da vendere unita a uno strapotere fisico raro. Ruud da Amsterdam, proprio la città in cui i tifosi cantano Bob Marley. Per raccontare il gioco di Gullit prendiamo in prestito una frase del grande Vujadin Boskov, che ha inquadrato così l’annata dell’Exodus di Ruud alla Sampdoria: “Gullit è come cervo che esce da foresta”. E non c’è bisogno di aggiungere altro. Ma il Tulipano Nero non è stato solo un grande calciatore, perché durante la sua carriera ha abbracciato cause spinose come la lotta contro l’apartheid in Sudafrica. E al suo amico Nelson Mandela ha dedicato una canzone – un brano reggae, guarda un po’ – inciso nel 1987 insieme ai Revelation Time, che ebbe un discreto successo.

la montina fc milan

Qui serve proprio un brindisi, da fare a questo punto con una bottiglia vestita di rossonero. Ci risulta che l’AC Milan Franciacorta Brut de La Montina abbia innaffiato i brindisi per il recentissimo scudetto della banda Pioli. Oppure, sull’altro lato di Milano, sempre di bollicina ma con il Valdobbiadene Prosecco Santa Margherita Brut, official wine partner nerazzurro che veste le bottiglie con le etichette che incarnano i grandi valori dello sport. “I M BRAVE”, “I M FUTURE”, “I M LEGEND”, insomma c’è tutto quello che serve per affrontare con successo “il” derby!

santa margherita inter

E poi del resto, se si parla di derby, un classico del calcio, cosa c’è di più classico di una sfida a colpi di bollicine italiche tra Prosecco e Franciacorta? Charmat contro Metodo Classico, glera contro vitigni internazionali, freschezza contro complessità, Tulipani contro Panzer… ah no, quest’ultimo è un altro leitmotiv… quello dei derby di fine anni ’80 inizio ’90 a San Siro. Sì, perché a quei tempi le squadre potevano avere massimo tre stranieri, quindi non si poteva sbagliare. Gullit, Rijkaard e Van Basten nel Milan, Matthaus, Brehme e Klinsmann nell’Inter. Olandesi contro tedeschi, che si sono affrontati anche in un ottavo di finale di Italia 90 che, ovviamente, si è giocato a San Siro (brutta partita, ricordata solo per uno sputo di Rijkaard al romanista Voeller). Gullit e Van Basten arrivarono al Milan nella stagione 1987-88, la prima di Sacchi e del primo scudetto dell’era Berlusconi. E in quella stagione il Milan giocò un derby rimasto alla storia come “il più dominato di sempre”, finito 2-0 per i rossoneri, Gullit e Virdis (che oggi ha applicato il suo fiuto per il gol a quello per il nettare di Bacco e mesce vino dietro il bancone del suo locale milanese) con Zenga “Uomo ragno” costretto a fare 28 parate.

Ma sarebbe ingeneroso non citare anche un derby vinto dall’Inter, che nella sua storia può vantare campioni di livello assoluto. Uno a caso: Ronaldo, l’originale, uno dei tanti ex di lusso del derby milanese. E allora ricordiamo il derby del marzo 1998, con giocatori di culto in campo come Benoit Cauet con i capelli alla Jerry Calà, Ibrahim Ba tinto di giallo platino e il mitico Taribo West, futuro predicatore.

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In quella partita il Cholo Simeone segna una doppietta,
ma Ronaldo – che quell’anno indossava la maglia numero 10 – segna un gol livello Annamaria Clementi, per tornare in Franciacorta con la bottiglia da antologia di Ca’ del Bosco, con un pallonetto d’esterno di prima intenzione a scavalcare i due metri di Sebastiano Rossi.

“Guizzo vertiginoso” secondo il telecronista Bruno Pizzul
su assist di Moriero che poi, interpretando il pensiero di tutti i tifosi di calcio, va a lustrare lo scarpino destro del Fenomeno.

Noi umili appassionati eno-calcistici al massimo lustriamo i calici per farli brillare e ci accomodiamo comodamente in poltrona a gustarci questo spettacolo. Come i vini che vanno degustati senza esagerare, anche le storie del derby di Milano vanno centellinate per apprezzarne meglio il gusto. L’importante, seguendo l’insegnamento di Bob Marley, è che quella di domenica sera sia una partita da guardare in armonia e pace, magari accompagnando il pre-match con il sottofondo musicale One Love, che agevoliamo qui sotto con un video che ci piace molto. Oppure con una Redemption song che redima le ultime giornate rossonere e liberi la voglia di volare alto dei nerazzurri.
Propiziamo con un calice gli Dei del calcio perché sia una grande partita, jamming in the name of the Lord (of football, of course)!

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