“Ti piace vincere facile” recitava una pubblicità di qualche anno fa. In realtà a noi di Champions Wine piace soprattutto bere bene, e per questo motivo, in occasione della ventiduesima di Serie A, abbiamo scelto di raccontare le sfumature eno-calcistiche di Juventus Fiorentina. E va bene, lo ammettiamo, ogni tanto ci piace vincere facile perché parlare di Juventus e Fiorentina significa tirare in ballo Piemonte e Toscana, le due regioni “più titolate” dell’enologia italiana, la nobiltà storica del vino, il vero derby vitivinicolo d’Italia. Barolo vs Brunello, Barbaresco vs Chianti, Nebbiolo vs Sangiovese, e via discorrendo, insomma il nostro “clasico”, dal risultato mai banale.
di Raffaele Cumani & Antonio Cardarelli
Premessa: il taglio più scontato per raccontare Juve-Fiorentina sarebbe quello della storica rivalità che da sempre divide le due squadre, e forse sarebbe stato anche quello più corretto. Anche di core ‘ngrato (per auto-citare qualche articolo fa) ce ne sono poi stati, ma in questo caso, no, non abbiamo voluto “vincere facile” e abbiamo scelto un taglio diverso, che unisce nobiltà e classe, due elementi che vanno (quasi sempre) di pari passo.
Che poi, quando si parla di taglio nel vino viene subito in mente quello bordolese, che ha trovato alcune delle più apprezzate versioni al mondo proprio sulla costa toscana. Sassicaia, Ornellaia, Guado al Tasso sono solo alcune delle etichette ormai diventate sinonimo di eleganza e valore, dei fuoriclasse del vino.
E qual è il numero che portano sulle spalle i giocatori di classe?
Indovinato: il 10!
Numero tondo, che si stende alla perfezione sulla schiena dei campioni, come un calice viene riempito magicamente dal nettare che tanto amiamo.
I colpi del 10, numero diventato iconico grazie alle giocate di Edson Arantes do Nascimento (o più semplicemente Pelè), inebriano noi umili appassionati quanto i grandi vini. E sia la Juve che la Fiorentina hanno avuto un numero spropositato di stupendi numeri 10 nella loro storia. Alcuni anche in comune, come nel caso del Divin Codino.
Se non lo avessero già fatto, sarebbe il caso di dire che la carriera di Roberto Baggio meriterebbe un film. Numero 10 dalla classe immensa, vedere alcune giocate di Roberto (pronunciato con la voce di Bruno Pizzul è ancora più magico) semplicemente ci rimette in pace con il mondo, quindi ecco qui un video utile allo scopo.
Ai mondiali del ’94, dopo tre partite inguardabili e quel “questo è pazzo” rivolto ad Arrigo Sacchi, Baggio improvvisamente sale nell’Olimpo del calcio e porta l’Italia in finale, per poi tornare umano a undici metri di distanza dalla porta. Ma che giocatore ci siamo goduti, in quel mondiale e in tantissime altre partite di quel tesoro nazionale che è Roberto Baggio. Con la Fiorentina segna il primo gol in serie A contro il Napoli, nel giorno in cui “El Diez” Maradona e compagni vincono il primo Scudetto. Il suo passaggio dalla Fiorentina alla Juventus nel 1990 provoca una sommossa popolare. Baggio, infatti, a Firenze era riuscito a raccogliere un’eredità pesantissima: quella di Roberto Antognoni, “l’uomo che giocava guardando le stelle” (definizione del giornalista di Tuttosport Vladimiro Caminiti). Corteggiato a lungo e inutilmente dalla Juventus, di lui il presidente viola Ugolini disse: “Antognoni è come il campanile di Giotto, appartiene alla città di Firenze, essendo un monumento nazionale non si può vendere”.
E monumento nazionale dovrebbe essere anche il Chianti, una delle zone più belle d’Italia.
Noi qui vi proponiamo il Chianti Classico Gran Selezione San Lorenzo di Castello di Ama, vino che per classe, blasone e propensione artistica della cantina possiamo associare al grande “Antonio”, o “Antogno” che dir si voglia.
Tra Juve e Fiorentina non corre buon sangue, è sempre stata una sfida che il numero 10 del rock, Elvis Presley, definirebbe da Suspicious Minds.
E la “vendetta” di Agnelli e Boniperti per il mancato acquisto di Antognoni arriva qualche anno dopo, dicevamo, quando la Juventus strappa alla Fiorentina la stella più luminosa del calcio italiano per la cifra record di 25 miliardi di lire. Baggio gioca l’ultima partita con i Viola in una tesissima finale di Coppa Uefa, vinta nel doppio confronto dalla Juventus. L’anno dopo, sostituito in un Fiorentina-Juventus in cui aveva rifiutato di battere un calcio di rigore, raccoglie una sciarpa viola lanciata dagli spalti, perché chiaramente la Fiorentina, per Baggio, è Always on my mind.
Il Buddha di Caldogno, ci va volare altissimo, fino a puntare i nobili dell’enologia italiana.
E noi raggiungiamo perciò l’illuminazione tra Langhe e Toscana scomodando per i suoi anni in bianconero il Barolo Cerequio di Vietti, un cru da pallone d’oro, di morbidezza e tensione come il tocco del Roby nazionale,
e per quelli in terra di Toscana il Brunello di Montalcino Vigna Loreto di Mastrojanni, dalla classe e lo scatto imperituri!
Con l’acquisto di Roberto Baggio la Juventus pensa di aver finalmente trovato l’erede di Michel “Le Roi” Platini, altro numero 10 dalla classe immensa, preso dall’avvocato Agnelli al Saint-Etienne “per un tozzo di pane” che con i Bianconeri vincerà letteralmente tutto e porterà a casa tre Palloni d’Oro. In realtà Baggio alla Juve, pur giocando ad altissimo livello, regalando giocate sontuose e una Coppa Uefa che gli porterà a sua volta il Pallone d’Oro, non riesce a diventare il leader della squadra. Alla fine, le cose migliori Roby le farà con la Nazionale e con le maglie di Bologna e Brescia, cioè nei momenti in cui Baggio è veramente un patrimonio di tutti gli italiani.
Nel frattempo però, al suo fianco, nella prima Juve di Lippi, cresce un altro numero 10 che farà la storia della Juventus: Alessandro Del Piero, il capitano coraggioso che guiderà le truppe bianconere nella buona e nella cattiva sorte: Take my hand, take my whole life too, per raccontare il rapporto tra Del Piero e la Juve come farebbe Elvis. E la consacrazione di Del Piero avviene proprio in un Juventus-Fiorentina, quando mette dentro al volo d’esterno un lancio partito dall’aeroporto di Caselle e firma il 3-2 che di fatto lancerà la Juve verso lo scudetto numero 23, che a Torino mancava dal 1986. Vedere per apprezzare la bellezza e la difficoltà estrema di questo gol.
E qui, Viva Las Vegas, anche se i rumors sul web raccontano del 10 di Conegliano prossimo produttore di prosecco, bisogna scomodare un altro nobile sabaudo, un Barbaresco, l’Asili Riserva di Ca’ del Baio.
Una ricchezza che potrebbe sfidare le pennellate di Pinturicchio!
Non è sbagliato dire che da quella magia di Del Piero prenderà forma la fortissima Juventus di Marcello Lippi, che qualche anno dopo si rinforza con un altro francese che tocca la palla divinamente: Zinedine “Zizou” Zidane da Marsiglia. Un nome che sembra una melodia, come le sue finte sul terreno di gioco, fatte con un fisico che teoricamente non sembrerebbe adatto a quel tipo di calcio così ispirato. Invece Zidane, che pur essendo un numero 10 vero nei club non indosserà mai la 10 – 21 nella Juve (dove la 10 è di Del Piero), 5 nel Real Madrid (dove è di Figo) e 7 nel Bordeaux (dove è dell’irreprensibile Richard Witschge) –, è capace di mandare al bar i difensori senza neanche toccare la palla come racconta qui Lele Adani:
Ma forse la partita che rappresenta la summa di Zizou è quella contro il Brasile, non la finale del 1998 ma l’ottavo di finale del 2006: raramente si è vista una classe così smisurata unita a tanta consapevolezza nei propri mezzi.
Tornando alla Fiorentina, fu Antognoni, “l’uomo che giocava guardando le stelle”, a pescare dal Benfica Manuel “O Maestro” Rui Costa, “il ragazzo che giocava guardando le stelle”. Altre dosi massicce di classe all’Artemio Franchi grazie al portoghese dallo sguardo malinconico che disegna poesie sul campo al ritmo del fado e trasforma l’assist in una forma d’arte, preferibilmente fornendo passaggi in rima a un certo Gabriel Omar Batistuta (e proprio Rui Costa e Batigol sono stati paragonati dal qui citato Alberto Malesani rispettivamente al suo Valpolicella e al suo Amarone, ma questa è un’altra storia…).
Da argentino ad argentino, impossibile non citare l’ultimo grande numero 10 che ha vestito la maglia della Juventus: Carlos Tevez. L’Apache venuto dal Barrio Fuerte Apache, una rara combinazione di tecnica, esplosività e cattiveria agonistica, riesce nell’impresa apparentemente impossibile di non far rimpiangere (troppo) Alex Del Piero. E proprio durante un Fiorentina-Juventus dell’ottobre 2013 Carlitos, dopo aver segnato il rigore del vantaggio, esulta con il mitra di Batigol, imitato poco dopo da Pogba che firma lo 0-2. Ma nel secondo tempo i Viola, guidati da un Pepito Rossi in stato di grazia, la ribaltano e vincono 4-2. Dopo quella sconfitta la Juve di Conte ne vince 12 di fila e chiude il campionato con il record di punti, 102.
Quante storie e quanto talento in una sola partita, qualunque sarà l’esito di Juventus-Fiorentina, mai come questa volta possiamo essere certi sull’esito delle nostre degustazioni vinicole.
Spazio alla nobiltà e alla classe dei vini italiani, ricordando la maestosità dei fuoriclasse.
Barolo, Barbaresco, Gattinara, Chianti, Montepulciano, Montalcino (e potremmo andare avanti con elenchi lunghissimi) sono i numeri 10 di noi umili appassionati eno-calcistici. Che sia nebbiolo o sangiovese, poco importa, noi siamo già pronti a stappare un rosso monumentale! Feel my temperature raising, cantava il re del rock’nroll in Burning Love, e possiamo dire lo stesso in attesa della partita. L’importante è che non salga troppo la temperatura dei vini!