Sul palco della Slow Wine Fair di Bologna – prima edizione della fiera internazionale dedicata al vino “buono, pulito e giusto” – il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, ha tracciato un nuovo paradigma per la produzione vinicola: rispettosa della Natura e dei lavoratori, e orgogliosa delle peculiarità organolettiche che fanno della diversità un valore che la nuova generazione di consumatori sa riconoscere e apprezzare.
“Il cambiamento che stiamo sperimentando è un processo di liberazione: dallo sfruttamento, dalla chimica… è libertà di fare in maniera virtuosa i vini che piacciono a noi. Affrontiamolo con gioia”.
L’intervista esclusiva di Vendemmie realizzata da Raffaele Cumani.
BolognaFiere, 27 marzo – La transizione ecologica interessa da vicino l’agricoltura, che da sempre si basa sul dialogo fra uomo e Natura. È impossibile parlare dell’uno senza l’altro: così, l’evoluzione verso un modello sostenibile non può tralasciare l’attenzione sociale, anche nella produzione agricola. E l’enologia, punta di diamante dell’agricoltura, può avere in questo momento un ruolo importante nella transizione ecologica.
Lo ha sottolineato alla conferenza plenaria di apertura della prima edizione di SANA Slow Wine Fair – la prima manifestazione internazionale dedicata al vino biologico – il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, sul palco insieme al fondatore di Libera Don Luigi Ciotti.
Creatore nel 1986 di ArciGola, l’associazione confluita successivamente nel movimento Slow Food – che oggi ha all’attivo 10mila progetti in 160 paesi, e che da oltre 30 anni promuove l’educazione del gusto e la difesa della biodiversità – Carlo Petrini ha ripercorso le tappe del recente sviluppo del panorama vitivinicolo, dagli Anni ’80 ad oggi.
Uno sviluppo che, anche grazie all’influenza delle Guide Slow Wine, ha permesso a tanti piccoli viticoltori di raggiungere livelli altissimi di qualità: “Negli Anni ’80, il nostro lavoro sulla guida si basava fortemente sull’attribuzione di punteggi, che hanno aiutato tanti piccoli produttori a diventare nel tempo artefici di altissima qualità”.
Oggi, però, sono finiti i tempi della valutazione. “Le valutazioni non servono più, è il momento della conoscenza, delle informazioni. Il nuovo paradigma per la produzione di vino deve essere l’armonia con l’ambiente e il rispetto dei lavoratori.”
“Quali saranno i clienti del futuro?”, domanda Petrini. “Saranno la generazione che oggi è in piazza e chiede a gran voce alla politica di affrontare il disastro ambientale. Questi giovani saranno anche i futuri conoscitori del vino: non chiederanno che punteggio ha, ma che processi si usano in vigna, se i lavoratori sono in regola, se quelli stranieri sono tutelati”.
Una rivoluzione in termine di valori che si accompagna a quello che Petrini definisce “un cambio epocale di gusto olfattivo e organolettico”. Se i vini biologici e naturali presentano caratteristiche peculiari in termini organolettici, infatti, i produttori non devono temerle, ma valorizzarle.
“La bontà di un vino è il risultato di 3 fattori: del territorio di provenienza, di buone pratiche non-invasive, e della consapevolezza che la diversità e distintiva. Le nuove generazioni questo lo sanno”.
È una realtà di trasformazione, dunque, quella che stiamo vivendo, e che comporta una revisione dei modi di pensare, dei comportamenti, dei paradigmi distributivi e produttivi, “per tornare in armonia con la natura”.
Una trasformazione che non va interpretata come una fase di penitenza, o di “mortificazione”, ma affrontata con gioia, perché è un momento di liberazione. Liberazione dall’abuso di agenti chimici, liberazione dallo sfruttamento. “È la libertà di fare, in modo virtuoso, i vini che piacciono a voi”.