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Il volto giovane di Uva Matris

Tempo di lettura: 5 minuti

Etichette pop, tanta devozione e forti braccia: è questa l’Uvamatris di Gabriele Ronchi, il giovane enologo che dopo gli studi ha deciso di sperimentare sui propri vini e oltre il vino.

di Nello Gatti

Siamo a Cascina San Pietro, in provincia di Alessandria, nel cuore del Monferrato. Qui incontriamo Gabriele Ronchi, vignaiolo dell’azienda Uvamatris, che oggi porta avanti il lavoro iniziato dai nonni Mario e Anna già negli anni settanta.

Il tuo sito si apre con una frase, “a taste of tradition”. Le etichette raffigurano il volto di una donna vintage e dal nome della Cantina c’è un chiaro richiamo al passato. Perché adottare oggi questa scelta?

La nostra storia ha inizio negli anni ‘70 quando mio nonno, spinto da una forte passione per la terra, decide di acquistare la nostra tenuta che con grande generosità dona a mia nonna. Allora si produceva soprattutto vino sfuso in damigiana, quindi la vera svolta si ha nel 2007 quando mio padre e mio zio decidono di riqualificare la Tenuta, ristrutturare cantina e vigneti iniziando a produrre vino con la nostra etichetta. Il nome “Uvamatris” e il volto riportato è quello di mia nonna; il fatto di riprendere una sua vecchia foto e metterla in etichetta ci sembrava un buon modo di onorare la sua memoria e anche un modo un po’ per ricordarsi da dove e grazie a chi siamo partiti. Pensiamo inoltre che i richiami al passato in un mondo evocativo come quello del vino siano sempre efficaci, oltre alla storia dell’etichetta che suscita spesso l’interesse del consumatore. 

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Blend o in purezza, suddivisione per filari o per areali: come organizzi il tuo lavoro e quali risultati vuoi ottenere dai tuoi vini?

Negli ultimi anni stiamo assistendo a cambiamenti climatici radicali, di conseguenza ogni anno la sfida è cercare di interpretare l’annata rispettando le caratteristiche e il terroir.  In generale in Azienda cerchiamo di adottare un approccio sostenibile per quello che riguarda la coltivazione della vite facendo inerbimenti spontanei tra filari, limitando i trattamenti, senza alcun impiego di diserbanti ma utilizzando prodotti naturali complementari. Dal prossimo anno inizieremo anche la conversione per diventare BIO. I nostri vigneti sono a corpo unico, tutti intorno alla tenuta. In generale hanno più o meno comportamenti simili anche se ogni vigna ha le sue peculiarità e le sue piccole differenze. In azienda produciamo due blend,  da uve Barbera e Merlot (Novella) e  Barbera e Nebbiolo (Fabula). Per il Novella, poiché è un vino che esce sul mercato giovane, utilizziamo una Barbera da una vigna ad est che concede un succo molto fruttato e con una acidità più contenuta. La Barbera utilizzata per il blend con il Nebbiolo è più strutturata e di grande acidità. Tutto sta nel capire come delle uve con caratteristiche diverse possano esprimersi poi nei vini.

Il Piemonte non è di certo tra quelle regioni che dovrebbero farsi conoscere di più. Visto il successo di alcune aree e vitigni, come ci si differenzia evitando il paragone e puntando sull’unicità?

Il Piemonte del vino negli ultimi decenni ha avuto una forte crescita soprattutto grazie all’instancabile lavoro dei vignaioli e delle Aziende che ci lavorano, sono loro il principale strumento di promozione. Ad oggi esistono diversi areali nel Piemonte, qualcuno più famoso di altri, ma ognuno con le sue caratteristiche e identità precise. Penso che in futuro la sfida sarà quella di cercare di valorizzare queste differenze e l’unicità dei territori attraverso una comunicazione mirata e accompagnata da uno sviluppo di tutte le attività turistiche che girano intorno al mondo dell’enogastronomia, promuovendo uno stile più slow e sostenibile.

Piccolo aneddoto divertente: bisognerebbe far conoscere agli stranieri dove siamo geograficamente. Durante una degustazione in Danimarca un winelover, davanti alla mappa dei cru del Monferrato, mi ha chiesto di indicarmi dove fosse l’Isola d’Elba.

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Il vino oltre il vino, che destinazione dare agli scarti di produzione?

Nel 2020 spinti dalla continua voglia di sperimentare ma soprattutto con l’obiettivo di essere sempre più sostenibili abbiamo dato inizio al progetto IUVA.

IUVA è il nostro brand indipendente di cosmetica naturale che utilizza come ingrediente principale le vinacce della nostra uva Barbera che coltiviamo nei nostri vigneti. Il nome prende spunto dal latino [iŭvo] = giovare, aiutare, soccorrere, favorire, essere utile, e si impegna ad aiutare e dare piacevolezza alla pelle grazie a un sincero interesse nei confronti della cosmetica sostenibile e intelligente. Le vinacce sono un sottoprodotto della filiera vinicola, composte da bucce e semi d’uva, i vinaccioli. Considerate da sempre un prodotto di scarto del processo di trasformazione dell’uva in vino, sono materie ricchissime in composti bioattivi, in particolare polifenoli e resveratrolo. Queste molecole dalla spiccata azione antiossidante contrastano la formazione dei radicali liberi rallentando così l’invecchiamento cutaneo, la formazione di rughe e la disidratazione della pelle. In questo modo andiamo a favorire l’economia circolare nella nostra azienda andando a dare una seconda vita ad un sottoprodotto della filiera enologica

Siamo partiti inizialmente con una crema viso e visti i risultati, oggi abbiamo una gamma di sei prodotti.

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a produrre Astra, il metodo classico, e con quali risultati di mercato?

Astra è un metodo classico da uve nebbiolo 100%. Nasce nel 2019, quando spinto dalla grande curiosità e avendo già assaggiato altri spumanti a base Nebbiolo, decido di spumantizzare sebbene nessuna esperienza pregressa. La vendemmia 2019 è stata effettuata agli inizi di settembre, e come per tutti i nostri vini con raccolta manuale, in piccole cassette. Segue poi la pressatura intera e soffice delle uve per non estrarre colore ma soprattutto eccessivi tannini. Il mosto fiore ottenuto (resa 50%) viene poi lasciato decantare naturalmente a freddo per qualche giorno. Al termine della decantazione viene travasato e fatto fermentare in barrique di rovere francese dove vi resta per i successivi 8 mesi. Segue la rifermentazione secondo il metodo classico e la sosta sui lieviti per 30 mesi. Al momento della sboccatura non aggiungiamo zucchero ma solo vino di riserva della stessa annata affinato con il metodo Solera. Ne risulta un vino molto espressivo con note floreali, agrumate e dolce ma dalla grande personalità, freschezza e mineralità. La prima annata è stata messa in commercio a inizio settembre. Solo 2000 bottiglie, quasi tutte esaurite, ed esportate in Brasile.

Il nome Astra deriva dal detto latino “Per Aspera ad Astra” attraverso le asperità [si giunge] alle stelle in quanto è un vino che si deve “coccolare” e, per via della natura del vitigno, non è di facile lavorazione. Con le dovute attenzioni può risultare in un vino unico, non a caso lo slogan che abbiamo scelto è 100% Nebbiolo, 0% Compromessi.

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