Montalcino sta cambiando e con essa anche le Aziende, in piena metamorfosi. A raccontarci lo scenario attuale e futuro la cantina storica Val di Suga.
di Nello Gatti
Il vostro legame con il territorio dove inizia?
L’elemento che lega la storia di Montalcino con quella di Val di Suga è il luogo in cui la cantina sorge. L’area (a nord di Montalcino) era già nei documenti quattrocenteschi nominata ‘Val di Suga’,Val di Suga o Valle Suga (come trascritta in un documento del 1575, che traeva il nome dal fiume Suga, a sua volta nominato così per le numerose querce da sughero che gli crescevano intorno. Era un’area molto importante, nella quale si teneva il più grande mercato agricolo e di bestiame della Val d’Orcia. La strada maestra che attraversava la Val di Suga si chiamava Via dei Mercati, appunto. L’area si collocava in posizione strategica tra la Val d’Orcia, la Val di Chiana, la Val d’Arbia e la Maremma. Per questo era considerata un importante crocevia per lo scambio di merci e di bestiame. Un luogo ideale per sviluppare un’azienda agricola, da prima e per molti anni, destinata alla produzione di cereali e foraggi e alla coltivazione di alberi da frutto, convertita poi in azienda vitivinicola alla fine degli anni ’60.
Quali sono stati gli inizi e quali i fattori decisivi che hanno portato l’Azienda a crescere?
1969: è piena epoca pionieristica quella che vede Val di Suga muovere i primi passi. Tutto inizia con l’acquisizione della tenuta agricola da parte de La Meridiana. I terreni fin lì destinati a seminativi vengono gradualmente riconvertiti a vigneto e si arriva così al primo vino “ufficiale” dell’azienda. La vendemmia di debutto è la 1973, mentre la prima etichetta su cui compare il marchio-logo Val di Suga è quella del Brunello di Montalcino 1975. La crescita viticola, qualitativa e stilistica che trasforma rapidamente Val di Suga in una delle realtà di grido della denominazione, cammina di pari passo con una serie di importanti avvicendamenti societari, e conseguenti riassetti dirigenziali e produttivi. È un periodo di straordinario sviluppo, che trova un nuovo decisivo tassello nel 1994 con l’inclusione di Val di Suga tra le proprietà dell’allora Tenimenti Angelini, appartenenti a una delle più rinomate famiglie dell’imprenditoria italiana. La superficie vitata si estende, la cantina viene rimodernata e ampliata, la gamma aziendale sistematizzata e resa sempre più riconoscibile.

Complici le favorevoli congiunture finanziarie e le ragguardevoli risorse investite da gruppi internazionali, gli anni ’80 rappresentano la prima età dell’oro nella storia moderna di Montalcino. Val di Suga gioca con determinazione la sua parte, sondando quella che di fatto era ancora un’idea minoritaria nel distretto. Ovvero l’ambizione di proporre dei grandi Brunello plasmati da zone circoscritte o addirittura da singoli vigneti, là dove la stragrande maggioranza dei vini in commercio erano il frutto di assemblaggi di sangiovese provenienti da diverse sotto-aree. La vendemmia spartiacque da questo punto di vista è la 1983, quando viene prodotto il primo Vigna del Lago: un Brunello single vineyard ottenuto da una parcella contigua allo specchio d’acqua collocato di fronte alla cantina, nel cuore del settore nord di Montalcino.

In tempi più moderni, ci sono stati ulteriori passi in avanti?
Certo, lo testimonia l’acquisizione di circa 15 ettari vitati nell’enclave di Sant’Angelo in Colle, frazione di riferimento nel settore sud-ovest di Montalcino: è la tenuta che ingloba l’appezzamento di Vigna Spuntali, da cui si ricava l’omonimo cru di Brunello che fa il suo esordio con l’annata 1988.
Il puzzle territoriale si completa circa un decennio più tardi, nel 1999, quando la già ragguardevole piattaforma viticola aziendale accoglie il podere di Poggio al Granchio: quasi 20 ettari concentrati nel settore sud-est del comprensorio montalcinese che daranno forma a un nuovo cru di Brunello, il cui debutto ufficiale coincide con il millesimo 2009. La chiusura di un cerchio che per lungo tempo segnala Val di Suga come una delle pochissime aziende del distretto, se non l’unica, a puntare con decisione su selezioni di Brunello derivanti dai tre settori principali in cui viene solitamente suddiviso il territorio comunale. Ma soprattutto un’intuizione che si rivela lungimirante vendemmia dopo vendemmia, non a caso sempre più seguita e condivisa da numerose altre prestigiose realtà prestigiose di Montalcino, sia storiche sia emergenti.
Ci sono quindi più versanti nella stessa Montalcino e posizione di Val di Suga ci permette di conoscerne un po’ meglio le caratteristiche. Vuoi descriverle?
Il terroir di Vigna del Lago
Prodotto per la prima volta nell’anno 1983, Vigna del Lago rappresenta lo storico punto di partenza per quello che nel corso del tempo si è palesato come un vero e proprio progetto cru, a Val di Suga. Ci troviamo nel nucleo vitato di circa 18 ettari che circonda la cantina, nella porzione nobile del settore nord di Montalcino: di fatto a mezza via tra I Canalicchi e Montosoli, toponimi trasversalmente associati a vocazioni da grand cru, ma in qualche modo compresi a pieno nelle loro potenzialità soprattutto in periodi relativamente recenti. Vale ancora la pena di ricordare, infatti, come Val di Suga sia stata una delle prime realtà a puntare con decisione su questo quadrante comunale alla fine degli anni ’60, quando la stragrande maggioranza dei campi coltivati erano qui occupati da cereali, seminativi, foraggi, ulivi e altri alberi da frutto. Ancora oggi non si configura certo come l’area a più alta densità vitata della denominazione, ma è innegabile come i cambiamenti agricoli e stilistici in corso abbiano portato progressivo interesse sul settore nord, contribuendo in modo significativo all’incremento delle superfici specializzate a vigneto. In primo luogo per il clima, tendenzialmente più fresco e piovoso rispetto ad altre zone. La maggiore influenza appenninica gli dà una connotazione continentale, con numerose giornate spazzate dalla tramontana (specie d’inverno) e sbalzi termici marcati nei mesi estivi e autunnali: senza dubbio un punto di forza, a fronte di stagioni sempre più calde e asciutte. Senza dimenticare gli effetti sui tempi di maturazione delle uve: questa è da sempre l’enclave più tardiva, l’ultima in cui viene completata la raccolta del sangiovese, che in passato faceva fatica a raggiungere gradazioni zuccherine ideali nelle annate più fredde e umide.
Altro fattore distintivo riguarda poi la conformazione orografica e geologica del settore nord di Montalcino, che si caratterizza visivamente per la forma dolce e arrotondata delle colline, più simile a quella tipica delle vicine Crete Senesi che a quella dei severi crinali della fascia meridionale. Configurazione confermata anche dalla piattaforma geologica, costituita nelle principali aree vitate da suoli di origine continentale e marina.
Il terroir di Vigna Poggio al Granchio
Ultimo nato tra i cru della rosa firmata Val di Suga, Poggio al Granchio fa il suo esordio con la vendemmia 2009, che coincide anche con la prima nella quale vengono proposte insieme le tre selezioni di Brunello di Montalcino. Deriva da un appezzamento incluso nella tenuta acquistata alla fine degli anni ’90 nel cuore del settore sud-orientale di Montalcino. Rispetto a Vigna del Lago si cambia totalmente scenario, tanto sul piano ambientale quanto su quello viticolo e stilistico. Ci spostiamo infatti nell’ampia fascia che dal colle comunale degrada verso il fiume Orcia e il suo affluente, il torrente Asso: una zona estremamente variegata dal punto di vista orografico, altimetrico e geologico, dove si concentrano buona parte delle realtà veterane del comprensorio, nonché alcune delle località più rinomate. Un’area di “prima generazione” per la coltivazione del sangiovese, che ha conservato nel tempo tutto il suo valore produttivo e che si configura come una delle più vitate della denominazione.
Un dato che risalta ulteriormente considerando le tante difficoltà agricole legate a un territorio piuttosto selvaggio, spesso disegnato da costoni acclivi, rilevanti dislivelli e fitte macchie di bosco. Per non parlare della notevole eterogeneità che caratterizza i suoli anche in spazi molto ravvicinati e che vede un’importante presenza di terreni tenaci, fortemente pietrosi e sassosi, molto difficili da lavorare. Dislocata tra i 385 e i 410 metri di altitudine con esposizione a sud sud-est, una parcella di circa 2 ettari e mezzo che prende il nome da un minuscolo stagno ubicato al centro della proprietà sotto un imponente leccio, dove nelle stagioni adatte è facile scorgere vispe colonie di granchi d’acqua dolce. La base geologica è costituita da argilliti grigio-brune e calcilutiti (formazione di Sillano), mentre gli strati superficiali sono profilati da terreni di medio impasto tendenti allo scheletrico, dove si alternano argilliti con “galestro” prevalente, arenarie calcaree e siltiti quarzose.
Il terroir di Vigna Spuntali
È la mitica annata 1988, una delle migliori di sempre per i rossi toscani, a salutare il debutto del Vigna Spuntali nella gamma dei Brunello di Montalcino “single vineyard” Val di Suga. Un periodo molto importante nella storia socio-economica di Montalcino, che diventava sempre più conosciuto a livello internazionale e vedeva crescere rapidamente le superfici vitate, anche in sotto-aree fin lì poco esplorate.
Tra queste c’erano numerose zone ricomprese nel settore sud-ovest della denominazione, ovvero la vasta porzione che si sviluppa tra le pendici del borgo, il fiume Orcia, il fiume Ombrone e il suo tributario, torrente Bagnolo. Come quello sud-orientale, si tratta di un blocco territoriale a dir poco discontinuo sul piano orografico, geologico e altimetrico, ma che trova comunque un filo conduttore evidente nel clima spiccatamente mediterraneo. È senza dubbio il settore più soleggiato, asciutto e ventilato, quello in cui si avverte più netta l’influenza del Mar Tirreno (distante circa 40 chilometri in linea d’aria dal confine comunale), che svolge una fondamentale funzione mitigatrice sia nei freddi inverni sia nelle calde notti estive, grazie alle rilevanti escursioni termiche. Condizioni che determinano solitamente un anticipo di tutte le fasi vegetative e ne fanno in generale la zona più precoce per la maturazione e la raccolta delle uve nell’intero areale di Montalcino. Decisamente più complicato, invece, delineare un profilo geologico “standard”. Anche in questo caso emerge una considerevole segmentazione e una successione tutt’altro che ordinata tra suoli di origine continentale e marina.
Quali sono gli effetti sulla produzione di questi diversi terroir?
In condizioni di terroir così differenti, il sangiovese esprime naturalmente il suo carattere camaleontico e si caratterizza fortemente con peculiarità specifiche.

Il Brunello di Montalcino Vigna del Lago interpreta, in chiava rinnovata, l’ispirazione tradizionale dei Brunello di Montalcino di un tempo, plasmati da vinificazioni essenziali e lunghe maturazioni in botti grandi. Riconoscibile già dal colore, mediamente più scarico, si distingue per il bouquet delicatamente classico, tra nuance floreali, richiami speziati di pepe bianco, apporti fruttati di ciliegie fresche e suggestioni agrumate (in particolare chinotto, uno dei descrittori più ricorrenti nei Sangiovese del settore nord di Montalcino) e un’intrigante balsamicità. Ma è soprattutto l’elegante tessitura gustativa a ricordare la sua origine territoriale: impatto suadente, tenore alcolico misurato, souplesse di sorso, tannini leggeri e a grana fine.

Il Poggio al Granchio è un Brunello di Montalcino di stile contemporaneo, regolarmente capace di tenere insieme un’indole “sudista”, carnosa e solare, con il nerbo terroso e silvestre tipico del settore. Un carattere per certi versi “mari e monti”, che si coglie immediatamente al naso nel gioco di frutta matura e sottobosco, balsami e spezie orientali, per poi svelarsi definitivamente in una silhouette gustativa affusolata ed energica, progressiva e rigorosa, sorretta da una fitta spalla sapida e al contempo da una salda armatura verticale. Un Sangiovese di razza, che fa sentire forte e chiaro il suo timbro deliziosamente affumicato già in fase giovanile, ma destinato a completarsi con l’affinamento in bottiglia.

Il Brunello di Montalcino Vigna Spuntali ha un temperamento estroverso e gioioso, ma non certo monodimensionale o privo di sfumature, inconfondibile nel suo carattere di Brunello di Montalcino da settore sud-occidentale. Frutta ben matura, talvolta candita, spezie, tabacco, radici, bacche di cacao: è un’impronta aromatica quasi lussureggiante, quella con cui si presenta il Vigna Spuntali nelle vendemmie più classiche. Identikit espressivo certificato dalla tessitura dolcemente cremosa del sorso, legata alla fitta struttura, al generoso abbraccio alcolico e alla morbidezza dei tannini. Senza dubbio il più orizzontale dei cru di Val di Suga, sostenuto nelle lunghe evoluzioni in bottiglia dalla ricca polpa fruttata e dal rigoglioso scheletro sapido.

E infine il Brunello di Montalcino Val di Suga, frutto del blend delle uve provenienti dai tre areali, che col suo stile dichiaratamente classico ha il compito di raccontare al meglio ogni annata, facendo dialogare i temperamenti vendemmiali e territoriali delle tre vigne. Caratteri sulla carta ben differenziati, anche alla luce delle rispettive collocazioni geografiche, ma proprio per questo idealmente complementari nella possibilità di disegnare con costanza un profilo familiare. Per molti versi il vino più “creativo” della rosa in questo senso, capace di coniugare regolarmente solarità e nerbo, ricchezza fruttata e contrasti, rigore ed eleganza.
La Montalcino del futuro, come sarà?
Pensando al futuro, non si può evitare una riflessione fondamentale sul riscaldamento globale e sulla siccità, che regolarmente si è verificata nelle ultime annate. Inutile sottolineare come essa abbia delle forti influenze negative su tante varietà, tra cui il Sangiovese. Ogni produttore è chiamato a intervenire per contrastare il problema, con pratiche di breve periodo che consentano una maggiore rigogliosità vegetativa delle viti (attraverso fertilizzazioni e irrigazioni di soccorso).

Ma nel medio/lungo periodo saranno necessari interventi comuni, in cui si mobilitino enti e Consorzio, che possano valutare la formazione di bacini per la raccolta delle acque (le riserve idriche diverranno più che mai preziose!) e un tavolo di lavoro costituito da tecnici e produttori che facciano ricerca genetica, selezionando cloni più adattabili e resistenti.