Uomo d’azienda, con l’incarico di Coo in Angelini Wines&Estates, è il fautore del rilancio internazionale del marchio Bertani
di Andrea Guolo
L’ufficializzazione del secondo Master of Wine italiano, dopo Gabriele Gorelli, è giunta alla fine di agosto. La figura di Andrea Lonardi è molto diversa da quella di Gorelli e non solo per la geografia di riferimento – di Montalcino il primo, di Negrar il secondo – ma anche perché Lonardi è uomo d’azienda, con l’incarico di Coo in Angelini Wines&Estates, ed è il fautore del rilancio internazionale del marchio Bertani, azienda di punta del gruppo creato negli anni da Angelini e amministrato dal Ceo Ettore Nicoletto. Inoltre, Lonardi ha anche incarichi “istituzionali” perché ricopre la carica di vice presidente nel cda del Consorzio della Valpolicella. Da allora sono passati poco più di due mesi e la prima domanda di quest’intervista, al termine di una degustazione alla cieca tra espressioni diverse dei vini della Valpolicella, è la più ovvia e forse banale, ma andava fatta.
Come è cambiata la tua vita dopo la nomina del 25 agosto?
Sento ancora di più il senso di responsabilità, soprattutto con il mio gruppo di lavoro e con l’azienda che mi ha dato la possibilità e il tempo per poter intraprendere questo percorso e coltivare questo desiderio. Ma nella pratica non è cambiato molto perché continuo a fare esattamente quel che facevo prima.
E come sta cambiando la percezione del mondo del vino italiano nel mondo? Avere due Master of Wine si può interpretare come un riconoscimento al nostro sistema-vino?
Sono reduce da Parigi dove ho partecipato con Gabriele a Golden Vines: per la prima volta abbiamo presentato insieme dei vini ed è stata un’emozione. E mi ha fatto capire che avere in Italia due Master of Wine e altri in arrivo, come Pietro Russo e Cristina Mercuri, farà sicuramente molto bene al vino italiano perché porta rispetto, senso di responsabilità e una riconoscibilità giusta per l’Italia. Io spero che tutto questo possa contribuire anche a un cambio di mentalità verso l’Italia, che infatti sta avvenendo: lo vedo nel percepito e lo vedo nelle persone con le quali mi confronto a livello internazionale.
Il momento non è facile, ci sono delle difficoltà di mercato, c’è un calo dei consumi in atto. Cosa andrebbe cambiato oggi nel vino italiano per essere più forte e autorevole a livello internazionale?
Siamo in una fase di grandissima evoluzione, forse la più rapida mai vissuta, e sembra che in alcuni mercati la contrazione dei consumi sia dovuta a un cambio di tendenze: non si tratta più di un rallentamento di una denominazione a vantaggio di un’altra, ma di una preferenza per altre categorie di prodotto come i soft drink, i ready-to-drink, la mixology. Il vino deve essere molto attento di fronte a questi cambiamenti e deve imparare a segmentare. Ognuno di noi deve essere consapevole di quale sia il suo segmento e deve scegliere dove posizionarsi, dove vuole giocare la propria partita. Lo può fare in base ai propri punti di forza e alla conoscenza del mercato. Se facciamo progetti di segmentazione e di targetizzazione dei potenziali mercati e dei potenziali consumatori, creando gli strumenti per mettere in sinergia il determinato consumatore con una determinata possibilità di vendita e una giusta comunicazione, allora credo che la potenziale difficoltà si possa trasformare in opportunità.
I giovani si stanno allontanando dal vino. Perché?
Forse si stanno allontanando da un certo tipo di comunicazione. E io, che arrivo da una formazione “vecchia” e cerco per mia natura di orientarmi verso un mondo molto giovane – pur nella consapevolezza che le basi culturale solide si ricevono da persone che hanno una certa esperienza – mi rendo conto che lo schema secondo cui vinceva chi era più bravo degli altri, oggi non funziona più. Non va più bene il creare una distanza tra chi ha competenza e chi non ne ha. Servono altre modalità di coinvolgimento: lo sport, la convivialità, il lifestyle. Chiaramente sono legato ai fine wines ma abbiamo anche brand pop nel nostro gruppo, come Puiatti, per la quale dobbiamo pensare a una comunicazione diversa rispetto a Bertani. Quindi non ho paura e in ogni caso credo che le paure debbano alimentare le reazioni e la voglia di cambiamento. Nella vecchia cultura del vino c’è sempre la voglia di “push”, di aggredire, e invece questo è il momento di ascoltare. Dobbiamo far parlare le persone e poi proporre e assecondare le loro esigenze. Questa capacità di ascolto ci deve aiutare a strutturarci.
In Valpantena, con la rete presieduta dal tuo ceo Ettore Nicoletto, state portando avanti un progetto di sistema con le aziende del vino e di altri prodotti che fanno squadra per la promozione territoriale, superando un problema tipicamente italiano: quello delle barriere. È una delle soluzioni per sostenere e rilanciare la comunicazione dei territori?
In questo momento le denominazioni stanno pensando tutte a progetti estremamente dettagliati: dal Chianti Classico con le denominazioni comunali, al primo che è partito, il Barolo, con le Mga; dal Soave con le Uga al Nobile con le Pievi… Io sono favorevole alle vallate e lo sono perché rappresentano un elemento caratterizzante del territorio, ma lo sono innanzitutto dal punto di vista paesaggistico. Le vallate della Valpolicella doc sono abbastanza simili, un po’ diverse dal punto di vista climatico, molto meno dal punto di vista geologico a eccezione delle ultime due, quelle che guardano a Soave. Quindi, non aspettiamoci che i territori possano esprimere vini troppo diversi gli uni dagli altri. E questo deve aiutare a pensare che la creazione di dettaglio territoriale serve per la valorizzazione del bene comune e non per alimentare diaspore. In caso contrario, soprattutto nei grandi mercati internazionali, il messaggio non passa. Quindi: ben vengano per richiamare persone nei nostri territori, per comprenderne le specificità e per capire la conformazione topografica di questi luoghi, per apprezzarne la bellezza. Queste vallate non sono confini di Stato. Devono avere un nome e una riconoscibilità ma più per una funzione di comunicazione, per vivere la Valpolicella e farla conoscere ai consumatori.