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Vigne Cappato 5

Che fine ha fatto il Vermentino di Gallura?

Tempo di lettura: 4 minuti

Lo abbiamo chiesto all’outsider del vino, lo “straniero” Giovanni Cappato, Vigne Cappato, che dalla Brianza ha scelto la Sardegna gallurese di Berchidda, Sassari.

di Giovanna Romeo

È l’architetto, oggi enologo Giovanni Cappato (la seconda laurea è arrivata nel 2015 con una consapevolezza diversa del proprio futuro lavorativo), a raccontarci che fine ha fatto il Vermentino di Gallura, sempre meno presente nelle carte vini importanti e sempre più nell’arena dei vini da costiera e di pronta beva. Superato come numero di interazioni anche dal Vermentino toscano che ha sostituito il Trebbiano nelle zone meno vocate, dove sta ottenendo peraltro buoni successi, il Vermentino di Gallura risente di due antichi retaggi: la fama di un vino a basso costo, soprattutto nei lontani anni ’90, e l’idea di pensarlo sempre come un vino d’annata, un vino che non ha capacità di invecchiare.

Vigne Cappato 13

“La fama del vermentino è questa. Punto! – racconta Giovanni Cappato, milanese classe 1973, da sempre affascinato dalla Sardegna e attratto dalle sue potenzialità vitivinicole -. Storicamente, ovvero prima della denominazione di origine, non veniva vinificato in purezza proprio per la sua fisiologia, la capacità di perdere molta della sua acidità. Un calo drastico soprattutto nei giorni della maturazione, quando il caldo si fa più insistente e la pianta non riesce a trattenere la parte necessaria di acido malico. Esiste quindi un aspetto tecnico che taluni viticoltori, generalmente forestieri come me, stanno ovviando con innesti che arrivano dal continente e una posizione delle vigne particolarmente alta rispetto alla gran parte della produzione DOCG locale e che, grazie alle maggiori escursioni termiche giorno/notte, contribuisce a conferire freschezza ed eleganza al Vermentino”.

Il pensiero di Giovanni Cappato diventa il progetto Vigne Cappato, la filosofia produttiva di un vignaiolo forestiero. Chiusa la casa sul Lago di Como, Giovanni parte per la Gallura dove inizia a lavorare come professionista nel settore del vino. Nel 2015 acquista 7 ettari di terreno di cui 3 ettari e mezzo vitati, esposti a sud sulle colline alle pendici del massiccio del Monte Limbara su suoli granitici a poca distanza dal mare. L’azienda sorge in una delle zone più vocate della DOCG Vermentino di Gallura, a Berchidda (SS). Proprio qui – tra pascoli, olivi, olivastri plurisecolari, sughere e pietre di granito – Giovanni pianta le prime viti e comincia la sua avventura enologica. Vuole creare riconoscibilità e un vermentino moderno ma che abbia la capacità di invecchiamento.  “Qui in Gallura ci sono produzioni di eccellenza e fama internazionale che apprezzo sinceramente e che seguono scrupolosamente i ‘dettami’ dell’antica tradizione vinicola locale, restituendo vini molto intensi e morbidi. Io, però, ho un’altra ambizione. Voglio creare una riconoscibilità di stile nel mio Vermentino di Gallura, che tenda alla valorizzazione dei particolari descrittori dell’areale mantenendo un’espressione fedele del territorio da cui proviene ma allo stesso tempo, con un meticoloso lavoro in vigna per preservare l’acidità naturale dell’uva – spesso punto delicato della viticoltura mediterranea – proponga un nuovo equilibrio proiettato all’affinamento in bottiglia”.

Vementino cappato
Vementino cappato

Lotta integrata, nessuna certificazione ma un approccio illuminista. Giovanni Cappato abita le sue vigne che circondano interamente il luogo in abita. I trattamenti vengono svolti dove necessario, l’impatto ambientale è ridotto al minimo. “Ridurre al minimo l’impatto sull’ecosistema non è solo una questione etica, ma ne va della stessa sopravvivenza dell’azienda. In questo territorio abbiamo scelto di vivere e qui abbiamo investito tutte le nostre risorse, umane e materiali. Beviamo l’acqua dei nostri pozzi. La vigna è letteralmente la nostra casa. Faremo qualunque cosa per preservarne l’equilibrio e la salubrità”: racconta Giovanni a cui sono cari i temi della salvaguardia della biodiversità e della sostenibilità.

Dai 5 vigneti di proprietà l’azienda ha oggi una produzione di circa 13.000 bottiglie, con rese relativamente basse rispetto a quanto consentito da disciplinare, ovvero circa 50 q/ha d’uva, la cui trasformazione in Vermentino segue un approccio artigianale, quasi sartoriale, fino alla messa in bottiglia. La maturazione delle uve è monitorata attraverso analisi costanti in collaborazione con laboratori qualificati. Una meticolosa selezione dei grappoli in vigna caratterizza la vendemmia della tenuta Cappato, che avviene manualmente e di notte per avere acini più freddi e turgidi, evitando rotture accidentali con conseguenti effetti indesiderati. I dislivelli dei vigneti di proprietà impongono una gestione accurata della vendemmia che, organizzata in raccolte separate, permette di raggiungere in ogni singolo filare il corretto equilibrio di acidi e zuccheri degli acini. Inoltre, per assicurare il mantenimento della giusta temperatura per tutta la durata della raccolta (4 – 5 ore), i grappoli vengono conservati all’interno di camion frigo in attesa di essere trasportati al centro di vinificazione. 

Che fine ha fatto dunque il Vermentino di Gallura? Il Vermentino di Gallura esiste e con Giovanni Cappato vuole trovare una nuova dimensione, accessibile a tutti grazie a un linguaggio contemporaneo che coniughi il fascino e la storia di questa regione con il pensiero cosmopolita del terzo millennio. Un Vermentino che ha il nome di Ghjlà (Vermentino di Gallura DOCG Superiore) e Nibe (Vermentino Frizzante IGT Colli del Limbara) sfumature diverse pregne di una cultura libera dai lacci e lacciuoli, dai vincoli della tradizione grazie a un pensiero extra territoriale, extra vinicolo, extra ordinario. Una Sardegna “meticcia”, straordinariamente intensa nel quale il vino sia frutto di una visione umanistica creativa e rigorosa”, ci racconta Cappato, che ha raccolto stimoli nei molti luoghi in cui ha vissuto e ha sviluppato l’innata attitudine alla contaminazione grazie alla duplice anima di progettista e musicista. Ecco perché il suo Vermentino sa di passato ma anche di futuro e, pur celebrando la storia di una delle DOCG più antiche d’Italia, è pensato per sedurre il consumatore con il suo appeal moderno.

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