Gianpaolo e Gianluca, chef e sommelier di Guido a Rimini, raccontano la loro cucina tra tradizione, innovazione e un nuovo locale che celebra… la nonna
di Alessandra Meldolesi
In origine erano nonno Guido Guiducci e la moglie Augusta, prima cuoca del ristorante fondato nel 1946 in uno chalet sulla spiaggia di Rimini. Oggi è una stella Michelin datata 2008, ormai adolescente, porto sicuro per chi rischia di naufragare nei magifici della riviera. Eppure lo spirito non è cambiato: la creatività dei fratelli Gianpaolo e Gianluca Raschi, chef e sommelier di Guido, continua a ronzare come un’ape laboriosa attorno ai sapori ancestrali della tavola romagnola. Quell’endocucina che negli anni troppe volte è stata tradita, perduta, rimpianta, a tratti fortunosamente resuscitata.
Dal giugno 2020 a celebrare la fondatrice c’è un secondo locale, chiamato giustappunto Augusta, nel centro storico della città, il cui ingresso evoca le atmosfere del foyer del teatro Amintore Galli. Un ritorno alle origini, prima che la creatività prendesse le redini del ristorante nel 2002 (il famoso menu “Prove tecniche di trasmissione”), mosso dal desiderio di ritrovare i piatti della memoria, lo spaghetto con le vongole rosso, il risotto al pesce, le lumachine di mare, la seppia con i piselli, la gettonatissima trippa di coda di rospo, ma con l’esperienza di oggi e un’attenzione diversa. Prodotti e vini coincidono in larga parte con lo stellato: lo assicurano il magazzino per le bottiglie sotto casa e il laboratorio condiviso per il pane e la pulizia del pesce. Ma torniamo al principio…
Gianluca: Al ristorante sono entrato nel 1975. Finita la seconda media mi misero il primo grembiulino, ai tempi si usava, mentre oggi sarebbe illegale. Ricordo che quando finiva la scuola, tutti gli amici andavano al mare, noi invece eravamo lì che giocavamo coi vassoi e coi bicchieri. Questa infanzia negata mi ha spinto a cercare altro. Appena finito il militare ho cominciato a fare il rappresentante di intimo femminile e corsetteria e sono andato avanti per 3-4 anni, ma in estate finivo sempre al ristorante, fra il campionario primavera-estate e quello autunno-inverno. Così alla fine della fiera dopo tanti giri in macchina ho realizzato che stavo meglio lì.
Gianpaolo: E ci siamo ritrovati. Lui ha 4 anni più di me, quindi aveva già iniziato ad appassionarsi. Alla fine degli anni ’80 abbiamo cominciato a girare un po’ di locali intorno, quelli più blasonati. Non pensavamo certo di diventare quello che siamo, ma resta il fatto che io ho delle capacità manuali e una forma di creatività dentro di me. Quindi ho usato la cucina di Guido per portare avanti ciò che mi veniva meglio, sostanzialmente.
Gianluca: Ricordo la Frasca, Cammerucci, Cerotti al Tuf Tuf. A me già piaceva assaggiare il vino ed è successo che nel 1990 mi è arrivata la comunicazione dei corsi da sommelier che tenevano a Riccione. Con due amici ci siamo iscritti, tanto in inverno c’era poco da fare. A me è piaciuto subito e ho proseguito, loro hanno mollato il primo anno. Dopo mi si è aperta una porta, il mondo del vino. È scattata la passione, la voglia di andare avanti, di ricercare. Un debito fisso, visto quel che costa.
Gianpaolo: Io non ho frequentato l’alberghiero, ma ho sempre provato una grande attrazione per gli scaffali delle botteghe, i cibi conservati e poi quelli freschi. Tutto quello che ho fatto è stato un corso invernale da un centinaio di ore al Palace di Rimini nel 1992. Ho conseguito quel diplomino, il classico pezzo di carta, ma la mia formazione è stata tutta con Augusta e nostra madre Tiziana, senza stage. Non ho mai toccato una cucina che non fosse la nostra.
Gianluca: Il nostro concetto è che qualsiasi cosa prima di finire in tavola deve piacere a entrambi e a tutto lo staff. E siccome siamo di gusti molto difficili, ci lavoriamo parecchio.
Gianpaolo: Magari in pescheria trovo dei bianchetti meravigliosi e li faccio assaggiare a tutti, Gianluca, Scilla. Una cosa semplicissima, con una crema di olio, limone, sale e pepe.
Gianluca: La carta dei vini è opera mia, anche se negli ultimi anni Giacomo e Scilla, i nostri sommelier, hanno portato i loro input e fornito pareri su nuovi prodotti. È nata un passo alla volta, senza grandi investimenti iniziali. Ogni anno inserivamo qualche etichetta in più e tenevamo quelle che ci piacevano. Oggi abbiamo una cantina da oltre 4000 bottiglie con qualche vecchia annata, ma ci siamo arrivati nel tempo, aumentando una ventina di referenze l’anno, senza fare grossi salti e senza legarci a nessun rappresentante, perché anzi li cerco secondo la cantina che voglio acquistare. Lavoriamo principalmente con i bianchi e mentre un tempo in zona non era facile trovarne di buoni, ultimamente stanno crescendo tantissimo. Penso alla provincia di Rimini fino a Forlì Cesena, dove ci stiamo togliendo parecchie soddisfazioni: nel pairing c’è il famoso; poi sto rivalutando il trebbiano, bevo quello di Paolo Francesconi e del Fondo San Giuseppe, chapeau! Qui da noi è più debole il pagadebit, ma dal biancale stanno arrivano cose interessanti. La ebola di Rimini è tanti vini diversi, ma per quanto riguarda Faenza, Brisighella, Modigliana e Bertinoro, stiamo tirando fuori non l’aromaticità, che non ci appartiene, ma una mineralità e un corpo che sono importanti, soprattutto in certe zone.
Gianpaolo: Sul pairing è più facile che Gianluca venga dietro a me anziché il contrario. In base a un progetto di piatto che viene sviluppato, poi testato, catalogato e organizzato per essere replicabile durante il servizio, terminata questa fase subentra lui insieme a Scilla per l’assaggio. La scelta dell’abbinamento alla fine è completamente loro.
Gianluca: Il piatto deve piacere a tutti, ma non in funzione dell’abbinamento del vino, che è il secondo passo. Gianpaolo ha la tendenza a disegnare la ricetta, prima ce l’ha in testa, poi comincia a pastrocchiare in cucina. Gli schizzi sono appesi al ristorante. Seguono vari assaggi, ci sono piatti buona alla prima, come il ciak del regista, e altri che vengono pian piano corretti. Il risultato finale deve corrispondere alla mia bocca per gusto e aromaticità, mi deve dare appagamento, sennò cerco di capire cosa non mi convince, ma non ho uno schema fisso.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.