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Enoteca, vineria, bottega e cucina: Andrea Libè ci dà il benvenuto alla Taverna del Gusto

Tempo di lettura: 5 minuti

La Taverna si trova all’interno di un palazzo seicentesco, a due passi dal centro di Piacenza. Il proprietario Andrea Libè da quasi vent’anni porta avanti, insieme alla compagna, questo locale poliedrico e ricercato.

di Maddalena Peruzzi

È il paradiso dei wine lovers, ma anche degli amanti degli aperitivi e della buona tavola. In origine era una bottega/enoteca con annesso locale di mescita e consumazione dei prodotti in vendita. Poi il locale è cresciuto nel corso degli anni fino a diventare quello che è oggi: enoteca pluripremiata, vineria dove è possibile fare ricchi aperitivi immergendosi nella grande tradizione gastronomica emiliana, intimo ristorantino che propone una cucina di qualità. Insomma, una tappa obbligata, se passate per Piacenza. Un unico consiglio: non fate l’errore di ordinare uno Spritz. “Per me il vino è sacro – vi direbbe Andrea – proprio non ce la faccio a mischiarlo!” 

La Taverna è un locale multisfaccettato, il vostro punto di forza qual è?

Il vino, questo è un locale per chi ama il vino e ha voglia di assaggiare, degustare, scoprire. Non siamo un wine bar, non facciamo l’happy hour alla milanese. Noi abbiamo sempre una ventina di vini al calice, oppure puoi ordinare le bottiglie. Poi, se vuoi mangiare qualcosa, lo scegli e lo acquisti a parte da un menù. A me piace questa politica, perché mi permette di vendere il vino al giusto prezzo e di servire cibo sempre di qualità. Poi qualcosina lo offro sempre: salumi, formaggi o dei grissini artigianali…

E i cocktail?

No, niente cocktail, non ho mai fatto uno Spritz in vita mia! (Ride, ndr). Il mio mondo è il vino.

Com’è la tua carta vini?

La carta è cresciuta con me. Inizialmente era composta da circa 300 etichette, adesso sono 1400. Avendo questa doppia anima enoteca-vineria, sin dall’inizio ho strutturato la carta vini con due prezzi diversi per la consumazione in loco e per l’asporto. Per quanto riguarda la selezione, è cambiata nel corso degli anni perché sono cambiato io, ho affinato i miei gusti e le mie conoscenze. Dentro c’è quello che piace a me, ovvero vini eleganti, fini ed equilibrati. 

taverna del gusto

Ho visto che hai una sezione dedicata ai vini della zona…

Sì, i vini piacentini rappresentano un 10-15% della carta e sono a parte, quella sezione è frutto di anni di studio e ricerca che ci sono valsi anche dei premi. Qualche anno dopo l’apertura del nostro locale il Comune di Piacenza, insieme a Slow Wine, ha indetto un concorso per premiare la migliore carta dei vini piacentini, noi abbiamo realizzato una cartina geografica con tutte le varie zone storicamente più vocate. Un lavoro immenso, molto francese, alla maniera dei Cru. Abbiamo vinto e da allora la nostra ambizione è rimasta la stessa: essere la migliore vineria di Piacenza. È il nostro obiettivo.

Il resto della carta da cosa è composto?

Ho vini da tutta Italia e da tutto il mondo. Ho molto di Piemonte, Toscana, Veneto e Francia in generale.  Adoro la Francia, vado ogni anno e imparo sempre qualcosa di nuovo!

Delle bollicine cosa puoi dirmi? 

Mio nonno diceva sempre che un vino fermo è un vino morto (Ride, ndr). Bisogna perdonarlo, l’Emilia è la patria dei frizzanti! Lui beveva anche il rosso solo frizzante. Nella mia carta dedico ampio spazio alle bollicine. Ho tanto Champagne, ma non perché sia Champagne, è che mi piace e anche ai miei clienti. Poi ho dei Franciacorta, anche se preferisco i Trento DOC. Pochissimo Prosecco, piuttosto ho qualche Durello dei Monti Lessini, che mi piace molto.

Hai in carta anche nomi commerciali?

Qualcuno c’è, è normale. Alcuni clienti sono interessanti al nome. Ma poi trovo sempre il modo di far assaggiare altri vini che ho scoperto nei miei anni di ricerche, vini che secondo me sono buoni altrettanto o anche di più e magari costano meno! A me non importa, mi piace consigliare bene i miei clienti. È lì la mia bravura, è lì che faccio la differenza. 

Le mode ti interessano?

Devo anche tenere conto di quello che va per la maggiore, ovviamente. Vent’anni fa andavano i vini bianchi fruttati e barricati. Adesso, ad esempio, piace il vino acido e minerale, i vini naturali, gli orange wine.  È un mercato che tira, soprattutto tra i giovani.

taverna del gusto

E perché secondo te?

Oggi se vuoi fare il figo bevi naturale, una volta invece ordinavi i grandi nomi, i grandi vini, perché non erano così cari. Adesso se vuoi bere Romanee-Conti o Chateau Petrus devi essere ricco. Così il vino costoso è diventato uno status symbol, ma il senso di bere certi vini non dovrebbe essere quello. È un utilizzo improprio. Certe bottiglie sono pietre miliari, gli appassionati di vino dovrebbero avere la possibilità di assaggiarle per tenerle come metro di paragone, per settare il proprio gusto, per imparare com’è fatto un grande vino. Ma dal momento che questa opportunità è preclusa alla maggior parte dei giovani d’oggi, sono nate altre mode, nuovi fenomeni di tendenza. 

Hai una sezione della carta dedicata ai vini naturali?

Non ho una sezione a sé, perché è come dire “questi vini sono naturali e tutti gli altri sono innaturali”. Non ha senso. Però trovo giusto che uno sappia cosa aspettarsi, per cui se una bottiglia è orange, naturale o bio lo indico di fianco. Anche perché questi non sono vini per tutti, deve piacere il genere. A me personalmente piace molto, ci sono dei vini naturali stupendi e onestamente penso che il futuro del vino vada proprio in questa direzione. Ma di questo mondo va preso il meglio, il naturale non può essere un salvacondotto. C’è chi lo sa fare e chi no.   

Ci racconti un aneddoto divertente della tua vita lavorativa?

Ogni volta che mi chiedono uno Spritz io mi rifiuto di farlo e rimangono sempre tutti di sasso. A volte mi diverto a provocare e dico: “Posso fare un’eccezione solo se compri una bottiglia di Krug e mi lasci fare lo spritz con quello”. Chissà perché non accetta mai nessuno!  (Ride, ndr)

C’è una tipologia di cliente che proprio non sopporti?

Quelli arroganti e maleducati che ti trattano come se fossi inferiore. Non li sopporto, perché io tratto tutti i clienti allo stesso modo, chi spende dieci euro e chi ne spende cento. 

Descriviti in tre parole.

Testardo: porto sempre avanti le mie idee a volte anche sbagliando. Appassionato: in questo mestiere non sei mai arrivato, quando perdi l’entusiasmo sei come un calciatore che non si vuole più allenare. Meglio mollare tutto, a quel punto. E poi maldestro: una volta ho rotto due bottiglie importanti di Borgogna che avevo in vetrina. Ogni tanto spacco qualcosa, bottiglie, bicchieri ..…

Se fossi disperso su un’isola deserta che bottiglia vorresti avere con te?

Montrachet Grand Cru, ultimamente sono fissato con i bianchi di Borgogna. Costa una fortuna, ma almeno muoio contento (Ride, ndr) 

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