Oggi andiamo in Costiera Amalfitana, al confine tra Salerno e Vietri sul Mare, dove si trova Re Maurì. Il ristorante, che fa parte del Lioyd’s Baia Hotel, ha una carta dei vini da oltre 1200 etichette e una meravigliosa terrazza a picco sul mare.
di Maddalena Peruzzi
Nato nel 2014 da un’idea del Gruppo Marinelli, Re Maurì ottiene la stella Michelin nel 2016, dopo appena due anni. Lo chef è Lorenzo Cuomo che ama i sapori autentici e cerca di carpire l’essenza di ogni ingrediente. Il suo menù, continuamente in divenire, fonde con grande eleganza tradizioni, suggestioni e territori diversi. Per la rubrica Carta Vini abbiamo intervistato Giovanni Siani, Maître e Sommelier del ristorante, che ci ha aperto le porte della cantina, uno scrigno pieno di tesori da scoprire.
Ci racconti la cantina del Re Maurì?
Oltre 1200 etichette tra vini regionali, nazionali e grandi internazionali. C’è tanta ricerca, che è la cosa che mi piace di più del mio lavoro. Ci tengo a proporre vini particolari, produzioni anche piccolissime, vere e proprie “chicche” che raccontano qualcosa del proprio territorio d’origine. Per questo mi piace il vino: perché ti fa viaggiare e infatti ho bottiglie da tutto il mondo. Per quanto riguarda l’estero, la Francia la fa da padrona. Amo molto i Riesling, soprattutto austriaci e tedeschi. Ho vini portoghesi, georgiani, libanesi, greci. Poi Nuovo Mondo, ho persino un vino cinese! C’è veramente di tutto nella mia carta.
E l’Italia?
L’Italia rappresenta la fetta più grande, almeno il 70%. Ho tutte le ragioni, ovviamente più o meno rappresentate.
Anche il Molise?
Sì, anche il Molise! (Ride, ndr)
Il naturale ti interessa?
Sono molto appassionato. I vini naturali e biodinamici mi emozionano perché escono dagli schemi tradizionali. In carta però non c’è una sezione a parte, mi piace proporli e raccontarli. E quando mi accorgo che il cliente ha delle chiusure rispetto a questo mondo, per me diventa una sfida: apro la bottiglia e faccio assaggiare il vino senza anticipare nulla. Se vedo che viene apprezzato, allora spiego che è un vino naturale. Molto spesso è solo un pregiudizio.

Qual è la tipologia che va di più al Re Maurì?
Nell’ordine: bianchi, bollicine e rossi. Tra i bianchi vanno in particolare quelli aromatici. I clienti stranieri, invece, amano conoscere il luogo anche attraverso i vini per cui preferiscono produttori campani.
Delle bollicine cosa puoi dirci?
Personalmente trovo che siano un mondo bellissimo. Vanno molto e ne ho di tutti i tipi, dai Franciacorta agli Champagne, dai Cava agli spumanti della Loira, al resto del mondo. Molte persone li amano anche a tutto pasto, ma ho notato che questa è un’abitudine tipicamente italiana. Gli stranieri di solito li preferiscono come aperitivo.
I vini dolci si bevono ancora?
Bisogna un po’ spingerli. Ispirandomi al menù dei dolci, che di solito è separato, ho una lista a parte, più snella e più easy da consultare. A fine serata mi sembra pesante riportare al tavolo la carta dei vini completa…Io la chiamo “la Bibbia”, perché è un librone.
Una cosa che non troveremo mai nella tua carta?
Sulle tipologie non ho nessuna preclusione. Però in carta non ho etichette disponibili in Grande Distribuzione. Non mi piace. Alcuni grandi maison hanno anche delle referenze “base” al supermercato, in quel caso passo direttamente alle loro linee superiori, le collezioni, i vintage.
Come gestisci l’abbinamento cibo-vino? Hai dei percorsi?
Non seguo percorsi standard, ho un ventaglio di vini che solitamente abbino a un determinato piatto e sul momento decido quale stappare. A sentimento, diciamo. In base a chi ho davanti e anche al mio umore (Ride, ndr).

Di solito i tuoi clienti ordinano autonomamente o si rivolgono a te?
Devo dire che sono fortunato, il 70% circa chiede consiglio a me. In estate la clientela è soprattutto straniera, ma abbiamo sempre i nostri clienti fissi, affezionati, tutto l’anno. Alcuni di loro si affidano a me completamente: la carta dei vini non la guardano proprio!
Ma quando ti dicono “fai tu”, non hai paura di sbagliare?
Eh, nel mio mestiere non basta essere un bravo Sommelier, devi essere anche un po’ psicologo, saper leggere le persone (Ride, ndr).
Come sei diventato sommelier?
A 18 anni ero già iscritto al corso AIS. La passione poi è cresciuta nel tempo, lavorando nel settore e anche grazie alle persone incontrate lungo il percorso. Tra queste, in particolare Roberto Adduono che mi ha insegnato tanto e mi ha fatto appassionare a questo lavoro.
Qual è il cliente che non vorresti incontrare mai?
Quello che non beve, perché in quel caso non ho più valore, non ho ragione d’essere (Ride, ndr).
Ci racconti un episodio simpatico che ti è capitato lavorando?
Mi ricordo un pasticcio che ho combinato all’inizio della mia carriera. Una coppia di russi mi ordina un vino francese costosissimo, è la prima volta che maneggio una bottiglia de genere. Insomma, le mani mi tremano talmente tanto che rompo il tappo. Un imbarazzo che non ti dico!
Com’è il tuo stile di servizio? Sei formale o informale?
La giusta via di mezzo. Il servizio secondo me non deve essere né impettito né sciatto.
L’errore da non fare mai?
Arrivare al tavolo e aprire la bottiglia senza presentarla. E anche sbagliare la tipologia di calice. Su queste cose sono preciso, anzi puntiglioso.
Qual è il tuo più grande difetto?
Vorrei avere sempre tutto sotto controllo.
E per liberare la mente cosa fai?
Sport. Durante la settimana vado in palestra e ogni domenica mattina una partita di calcio a 11, così poi durante il servizio del pranzo sono bello rilassato (Ride, ndr).
Ultima domanda prima di salutarci. È vero che facendo i Sommelier si rimorchia?
(Ride, ndr) Ci sono dei vini che di solito alle ragazze piacciono, per esempio quelli aromatici, morbidi e profumati, per cui io me li sono sempre giocati alla prime uscite, per fare colpo. Una volta però non ha funzionato, il vino che ho scelto non è piaciuto. Era una ragazza atipica, sarà per quello che poi ci siamo fidanzati.