di Francesca Ciancio
La storia
Godersi la storia in un calice di vino. Scegliere una bottiglia di Duca Enrico vuol dire sostanzialmente questo, continuare a credere in un’etichetta che rappresenta il prima e il dopo dell’enologia siciliana. Parliamo della Sicilia degli anni ’80 del secolo scorso, un’isola piena di uva e di vino, così ricca da venderne molto più di quanto ne imbottigliasse. Tipica regione del Sud dal patrimonio ampelografico vastissimo, ma incapace di valorizzare al meglio la ricchezza autoctona in suo possesso. Vagonate di vino a base di Nerello Mascalese o Nero d’Avola – per dirne due – partivano alla volta di paesi che avevano bisogno di volumi e qualità. Non era così diffusa l’idea dell’imbottigliamento, tantomeno si parlava di monovitigno. Poi sulla scena compare il Duca Enrico, classe 1984, etichetta dell’azienda Duca di Salaparuta: solo Nero D’Avola, uva proveniente da appezzamenti dedicati. In una sola mossa ci sono due novità: un vino in purezza e l’idea del cru. La firma enologica è quella del piemontese Franco Giacosa, il quale capì da subito, appena messo piede sull’isola, che quel Nero d’Avola non andava “umiliato” al rango di vino da taglio. Ci mise un entusiasmo contagioso, tanto da convincere anche Giacomo Tachis a dare il suo contributo a questa avventura. Forse un azzardo, ma congegnato in maniera impeccabile.

Il vino
L’annata ultima in commercio è la 2018. Ci si rende conto di quanto sia ancora giovane se si ha la fortuna di bere etichette di millesimi antecedenti. E qui c’è un passaggio fondamentale della storia di questo vino: il Duca Enrico è pensato per invecchiare, per stare al passo dei grandi vini del mondo, come fosse un Bordeaux o un Borgogna. Nasce nei vigneti in località Suor Marchesa, a Riesi, in provincia di Caltanissetta. Le piante destinate a questo vino sono quelle ad alberello: ogni alberello una bottiglia. Fa legno in fase di affinamento: 18 mesi di barrique tra nuove e di secondo passaggio. Dicevamo, grande potenzialità, ma intanto ci godiamo le note speziate non invadenti, la potenza alcolica tenuta a bada dal calibro della frutta nera, quella piccola e acida. Colpisce per la grande succosità e la sensazione materica in bocca: mirto, china, genziana. Finale da tè pregiato.

Lo consigliamo a chi
È attratto dalle storie di un tempo, quelle che vedono protagoniste famiglie nobili dal grande spirito imprenditoriale. Sono le vicende degli Alliata, presenti in Sicilia dal XIV secolo e fondatori nel 1824 delle cantine di Casteldaccia con il nome di Corvo Vini. È anche un tributo all’enologia del Sud Italia, che seppe congegnare un progetto in prospettiva, ambizioso e non timoroso di paragoni con aziende ed etichette altisonanti. Ancora oggi il Duca Enrico ricambia questa fiducia con un gran bel vino.
Costo 65 euro