Sette tappe in giro per l’Italia dal 6 al 16 maggio. Si potranno assaggiare vini da vitigni resistenti e prodotti gastronomici della Lombardia.
di Francesca Ciancio
Sette tappe in Italia a bordo di un pulmino per spiegare il senso della viticoltura da vitigni resistenti.
Si parte il 6 maggio da Bergamo e si torna a casa dopo dieci giorni. Questa è la missione di sei produttori di vino lombardi – Alessandro Sala (az. Nove Lune), Andrea Sala (az. Pietramatta), Devid Stain (az. Alpi dell’Adamello), Maurizio Herman (az. Hermau), Marcel Zanolari (az. Marcel Zanolari), Simone Dellafiore (az. Achille Dellafiore), più l’enologo Gabriele Valota – che puntano a far conoscere i pilzwiderstandfähig – PIWI è l’acronimo – tra i consumatori di vino.
I PIWI, ovvero i vitigni super bio
La traduzione dal tedesco sta per “vitigni resistenti ai funghi” e per questo motivo vengono soprannominati anche “super-bio” perché consentono di produrre vini di altissima qualità senza inquinare l’ambiente, grazie a una viticoltura sostanzialmente libera da anticrittogamici. Hanno nomi di fantasia in alcuni casi o portano con sé il nome del “genitore” più noto: parliamo di Bronner, Johanniter, Solaris, Sauvignon Kretos, Merlot Kanthus, tra gli altri.
Tuttavia lo scetticismo sul loro utilizzo è ancora alto. Le accuse più comuni sono quelle di essere simili a organismi Ogm o che le etichette prodotte non sarebbero all’altezza dei vini a cui siamo abituati. Da qui l’esigenza di alcuni produttori di andare in giro a spiegare cosa sono realmente i PIWI e che vino se ne ottiene, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier.
La Lombardia, regione capofila dei PIWI
Qui è nata la prima associazione territoriale PIWI al mondo ad avere un disciplinare di tipo biologico. Il presidente, Alessandro Sala dell’azienda Nove Lune ci spiega il senso dell’iniziativa: “Tutti i partecipanti al tour hanno aziende in conduzione biologica e alcune anche in biodinamica. Questa è la condizione base per poter iniziare la coltivazione delle viti resistenti. Da quando abbiamo iniziato a occuparci di questo tipo di viticoltura ciascuno di noi ha ridotto, fino ad azzerare, gli interventi fitosanitari nel vigneto. Questa è la vera viticoltura sostenibile perché scegliere i PIWI significa eliminare la chimica di sintesi, compattare meno i suoli, salvaguardare le risorse idriche e produrre meno CO2”.
“Usare i PIWI vuol dire fare
vera viticoltura sostenibile”
I PIWI sono il prodotto dell’incrocio tra la Vitis vinifera, la vite comune da cui normalmente viene prodotta l’uva per produrre il vino, e altre specie del genere Vitis. Proprio da questo incrocio nasce la loro resistenza alla malattie funginee: “Qui nasce il fraintendimento – continua Sala – in molti credono ancora che si tratti di creazioni geneticamente modificate, invece parliamo di ibridazione che consiste in una fecondazione fra specie di vite diverse ma geneticamente affini. Così la resistenza ai funghi di alcune specie americane e asiatiche si unisce alle qualità organolettiche della vite europea. È importante far passare questo messaggio, ecco il motivo per cui partiamo per questo tour”.
In giro per l’Italia a spiegare cosa sono i PIWI
L’associazione lombarda dedicata ai PIWI toccherà diverse città – Bergamo, Pisa, Firenze, Napoli, Roma, Modena e Milano – dal 6 al 16 maggio. A bordo del bus non ci saranno solo i vini da vitigni resistenti ma anche alcune eccellenze gastronomiche lombarde come il violino di capra, la brisaola della Valchiavenna, lo strachitunt, lo storico ribelle. Saranno serate didattiche ma anche conviviali – qui il calendario – durante le quali sarà possibile conoscere i vini PIWI in sei diverse interpretazioni: un vino ancestrale, un metodo classico, un bianco fermo, un orange wine, un rosso e un passito.
“È il modo che abbiamo scelto – conclude il produttore bergamasco – per far capire quanto queste uve siano poliedriche, oltre che buone”.