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Sadler e Ippolito

Premiata ditta Sadler&Ippoliti: “Cerchiamo piccoli interpreti in piccole vigne. A tavola coniughiamo la grammatica dei sapori con abbinamenti tradizionali o innovativi”

Tempo di lettura: 3 minuti

“Chef e sommelier lavorano in simbiosi: il vino deve emancipare i piatti. Il successo del pairing: bontà e divertimento. La nostra cantina vanta 1300 etichette

Lavorano braccio a braccio già da 5 anni, Claudio Sadler e Mario Ippoliti, che hanno trovato in via dell’Annunciata il pairing perfetto. Il maestro milanese ha praticamente svezzato all’alta ristorazione il sommelier trentatreenne, originario di Teramo, che dopo la passione per la cucina, praticata da bruciante amatore, si è seduto sui banchi dell’AIS e ha officiato qua e là. Imbattendosi presto nella maison giusta.

Sadler: “Mario è vulcanico, bravissimo, innamorato del proprio lavoro. Noi oggi abbiamo una cantina molto importante, di circa 1300 etichette, con tanta roba. Quando è arrivato, l’ha molto personalizzata, facendo ricerca anche sui vini meno noti, non per forza naturali e biologici. Buone bottiglie fuori dagli schemi, anche da piccoli produttori. Quindi teniamo sempre in considerazione i blasoni, dando però spazio ad altre tipologie”.

Ippoliti: “Non dimentichiamo il 15% di Nuovo Mondo: Azzorre, Serbia, Dalmazia. Paesi poco noti che stanno emergendo. Le grandi icone sono simboli di eccellenza che non possono mancare, ma io mi diverto a cercare il piccolo interprete della piccola vigna, valorizzando uve autoctone come il gaglioppo o il verdicchio, oltre lo chardonnay e il pinot noir”.

Sadler: “Lavoriamo sempre molto insieme, per esempio sviluppiamo cocktail, bevande o tisane per determinate occasioni. Adesso abbiamo un bignè di baccalà cui abbiamo abbinato una tisana con finocchio, lemon grass e tè. Oppure un cocktail a base di ciliegie con un dessert alle ciliegie e alla cannella. Da tanto tempo stiamo sviluppando questo trait d’union fra la cucina e il lavoro del sommelier”.

Ippoliti: “Mi vengono in mente anche il MiTo Claudio Sadler, un Milano-Torino con il ghiaccio allo zafferano che sciogliendosi cambia sapore a ogni sorso, drink di concetto che penso di avere ideato per primo, e il Vermouth dorato, dove le mie origini si fondono con le sue, l’infuso di zafferano di Navelli con il vino dell’Oltrepò Pavese, una zona che amo, da rilanciare. Oppure un vino di visciole con anguilla e animelle: sembra strano, ma la sensazione materializza un’emozione, sempre con grande rispetto verso la grammatica dei sapori. Il vino in un certo senso deve emancipare il piatto: è una simbiosi, un sorso un morso, e così via”.

Sadler: “Di solito Mario propone gli abbinamenti, facciamo una prova, vediamo se va bene e ha un senso logico. Il pairing deve essere buono, ma anche divertente. Il cibo può essere il punto di partenza o di arrivo: magari viene prima il cocktail o il vino, su cui poi scegliamo il piatto. E di wine pairing ne facciamo tanto: il 50% degli ospiti è abituato a degustare più vini. Abbiamo diverse tipologie, più o meno costose, sui 3 menu degustazione. Più il servizio al bicchiere per chi beve meno”.

Ippoliti: “Anche i piatti alla carta hanno ciascuno il proprio calice. La nostra giornata tipo è frenetica: ‘Aspetta che ho un’idea’, ‘Ho trovato un vino nuovo che voglio farti assaggiare’… Noi due passiamo tantissimo tempo insieme. Così nascono idee che si materializzano, quando sono d’avanguardia. È lo scambio a far raggiungere gli obiettivi, non il tentativo di emergere, facendo ciascuno i fatti propri. Ecco perché noi due insieme funzioniamo: perché lavorare ci diverte”.

Sadler: “In quarant’anni di duro servizio ho avuto tanti sommelier di talento. Per esempio Alberto Piras che oggi è al Luogo di Aimo e Nadia, o Masa che poi è andato in Alto Adige ed è rientrato in Giappone. Mario dalla sua ha anche la dote di saper vendere, però con grande rispetto. Questo è importante: il sommelier deve saper accompagnare il cliente nella scelta giusta anche sotto il profilo dei prezzi. E non sempre accade”.

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