Esperienze, riflessioni e sinergie del Canavese. Ecco il racconto di un evento che celebra la cultura locale del vino, pronta ad aprirsi al mondo
di Nello Gatti
È sempre molto, molto difficile parlare di se stessi senza rischiare auto-celebrazioni o testi poco scorrevoli. Mi impegnerò quindi nel sottoporre ai lettori alcune riflessioni che mi auguro, incastrate bene, possano generare un articolo di ampio interesse.
Ivrea rappresenta per me un’indole, quel sentimento che in portoghese si traduce con “saudade” e quel ritorno alle origini che, come nel gioco del Monopoli, mi vede nuovamente attraversare quel “via” con qualche mattone d’esperienza, e qualche biglietto da visita, in più sulle spalle.
In estrema sintesi, quella stessa popolazione che 10 anni prima mi aveva accolto per accompagnarmi nel percorso di studi universitari, conclusi con una tesi di Laurea proprio sul modello Olivetti e la sua concezione di comunità, mi ha permesso di raggiungere un grande obiettivo: da comunicazione del territorio a direzione del loro più importante evento, ReWine.
Tanti sono stati gli incontri, i colloqui e anche gli scontri, nei confronti di quell’area sperduta nel nord del Piemonte, dove i terreni soffici incontrano le parole ruvide di chi la campagna la coltiva a suon di sogni e imprecazioni, ma altrettante sono state le premesse che ci hanno portato, sulla soglia della 4′ edizione di questa importante manifestazione, a convergere su un unico obiettivo: il racconto globale di una cultura locale.
Così mi sono ritrovato al cospetto di giovani vignaioli, o meglio dei Giovani Vignaioli Canavesani. Avevo sentito parlare di loro e delle loro rivolte, del loro manifesto lanciato post-pandemia e delle loro pratiche eroiche, ma come spesso accade, devo rasserenare tutti nel testimoniare un coeso e compatto gruppo di ragazzi, con una gran fatica in corpo e la mente ben aperta verso i prossimi obiettivi da raggiungere. Il loro è stato un atto di benevolenza, ma ben ragionato, quando hanno deciso di affidare nelle mani di un “esterno” il loro evento indoor più importante, e per me, che ero solito comunicare e vagabondare dove il territorio chiedeva ascolto, questo invito a una sosta ben più lunga di un semplice press tour, ha rappresentato al contempo quel senso all’interazione, integrazione e collaborazione che un buon professionista dovrebbe prefiggersi sempre quando decide di affrontare un territorio con il proprio lavoro.
Durante i primi incontri, anche per via delle poche fonti disponibili, qualche quesito ha sin da subito tracciato la linea da percorrere: perchè non se ne parla? E allora eccoci di nuovo qui, a coordinare autori e comunicati stampa, una programmazione eventi e una social, per tracciare e agire verso quella community del vino e non, potenziali vittime da sindrome di Stendhal come è accaduto al sottoscritto.
Devo riconoscere la grande fortuna, di certo non da attribuire al caso, di aver incontrato questo emergente network di giovani artisti della vigna. Anche visto il connubio storico-artistico che ha sicuramente lasciato traccia nell’opera e nella bellezza del Canavesano, facendone una vera e propria destinazione culturale a tutto tondo.
In prima battuta quindi, l’obiettivo è stato quello di richiamare l’attenzione verso fonti esterne, laddove il fascino di questi luoghi e le superbe produzioni locali non avevano ancora ricevuto la calda luce mediatica dei riflettori, per poi passare a una turbolenta ma se non altro efficace rete che unisse il nome dell’evento alle principali sigle e associazioni di settore, tra cui AGIVI, Movimento Turismo Vino e Donne del Vino.
Una volta creato il contesto, abbiamo avviato la programmazione, un vero e proprio regalo per uno come me che da oltre un decennio segue, organizza e partecipa ad eventi di ogni genere nel mondo del vino. E, proprio con la consapevolezza di poter offrire qualcosa in più, sono felice nel constatare anche in questo caso una sorprendente apertura da parte dei vignaioli, un fattore da non dare assolutamente per scontato, nell’aprirsi alla stampa internazionale, al confronto con altri territori e all’accoglienza verso tutta quella fascia di popolazione da sempre esclusa dal dibattito, tra cui ristoratori, albergatori, attività culturali, presidi locali e associazionismo.
Sono sicuro che questa 4′ edizione di ReWine sarà un evento che metterà in luce una diversificata ma coesa comunità del vino che si riunisce attorno alle soluzioni, capace di generare sinergia col pubblico e gli operatori in una logica tutta canavesana, diventata claim di questa edizione: cultura collettiva e spirito artigianale.
Per quanto mi riguarda, grato del sostegno e la fiducia dei produttori tutti, è con un filo di commozione che dedico questa mia nuova tappa al sociologo Franco Ferrarotti, mentore e supporto del mio cammino di studi nonché ex vertice aziendale dell’Olivetti di Adriano, cui devo testimoniare con grande gioia un messaggio da lui ricevuto proprio qualche giorno fa, proprio nel ricevere la notizia di questo incarico. Considerando la sua vitalità e lucidità a 98 anni compiuti, posso solamente confermare una tesi: qui nel Canavese si vive a lungo e bene, sarà anche in parte merito del vino?
Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.