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Vino versato

Norvegia: il vino fermo prende esempio dalle bollicine

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Operare in un mercato monopolistico con una rigida regolamentazione sulla pubblicità dei prodotti alcolici rende più difficile dare forma alle tendenze. Il più liberale on-trade norvegese fa da traino per il riposizionamento del vino fermo sul mercato.

di Giovanna Romeo

La Norvegia conta poco più di 5 milioni di abitanti, maè una delle nazioni più ricche al mondo dove il costo delle bevande alcoliche per i consumatori è tra i più elevati in assoluto. Il mercato norvegese del vino è basato sulle importazioni essendo quasi inesistente la produzione locale. L’importazione e la commercializzazione sono fortemente regolamentati e direttamente controllati da organismi statali. Esiste una sorta di monopolio statale che si chiama “Vinmonopolet” che controlla di fatto l’80% del mercato. Il 66% del mercato è costituito da vini rossi, il 26% da bianchi, il 5% da spumanti, il resto da rosati.

Nonostante divieti e restrizioni, il mercato del vino sviluppatosi negli ultimi 25 anni continua a crescere grazie anche a consumatori che hanno sostituito birra e liquori con il più salutare vino .

Anche in Norvegia il Covid ha stravolto tutte le abitudini. Per esempio, la vendita di vino fermo a livello nazionale è cresciuta notevolmente. Le vendite monopolistiche di questa categoria sono aumentate di oltre il 40% tra il 2020 e il 2021. Nel 2022, con la ripresa della normalità, le vendite a Vinmonopolet si stanno riposizionando, anche se molto probabilmente la categoria manterrà buoni volumi. Nei cinque anni precedenti alla pandemia, le vendite interne erano diminuite di quasi il 9%.

L’entità dell’aumento delle vendite durante la crisi pandemica, ha messo in luce quanto fosse grande il commercio di frontiera e ne ha esposto il costo in perdite di entrate fiscali. L’intervento del governo oggi sta sostenendo il cambiamento. Sono state adottate misure per diluire gli incentivi per gli acquisti al confine; l’imposta su birra e vino è stata ridotta nel 2021 e, più recentemente, è stata ridotta la vendita massima di bottiglie di vino con cui i viaggiatori possono restituire da sei a quattro nel travel retail.

La strada è ancora lunga e una serie di questioni piuttosto rilevanti deve ancora essere affrontata. Come il crollo regolare e settimanale dei consumatori di vino, con perdite di oltre un terzo dal 2017. Un consumatore sempre più “anziano” – i boomer rappresentano ora il 45%, rispetto al 38% del 2017 – con una capacità di spesa più elevata; non a caso è in aumento il processo di premiumizzazione e l’acquisto di prodotti di maggiore valore.

I norvegesi sono sempre più interessati al vino spumante. Le vendite dovrebbero aumentare di quasi un quinto rispetto ai livelli pre-Covid entro il 2026. Una crescita che come per il resto del mondo, è stata possibile grazie allo sdoganamento del consumo rispetto all’occasione per eccellenza: le feste. Eventi comuni più numerosi e meno celebrativi, offrono il contesto ideale per consumare un buon calice di spumante. Al contrario del vino fermo considerato ancora molto legato all’abbinamento del cibo e l’occasione principale del pasto.

Secondo Wine Intelligence i dati mostrano che soprattutto i Millennial sono tra più interessati a conoscere nuovi e diversi stili di vino. In una certa misura, il processo di cambiamento è già in corso. È in aumento la tendenza per i rosati insieme a vini rossi più leggeri provenienti da Francia e Stati Uniti che sta prendendo piede. Vini versatili da degustare in situazioni e occasioni anche molto diverse.

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