Michelangelo e Alessandro svelano i segreti della loro cucina che nel cuore delle Langhe sfrutta i contrasti per stupire i commensali: “Una grande ricerca porta a mille idee per abbinamenti tra cibo e bevande”
di Alessandra Meldolesi
“Vogliamo fare qualcosa di diverso. Non mi intenderei con un sommelier che proponesse i soliti abbinamenti. E difendo Alessandro a spada tratta. Le cose che fa bere nascono sempre da un’idea, oltre alle straordinarie conoscenze”. Michelangelo Mammoliti e Alessandro Tupputi, 39 e 33 anni, sono complici di lunga data: da otto anni lavorano insieme, prima alla Madernassa di Guarene, poi a La Rei Natura, presso il Boscareto Resort di Serralunga d’Alba, dove l’ambizione sta spostando via via l’asticella verso nuove forme di creatività contemporanea. Prima del loro incontro, il sommelier aveva prestato servizio presso alberghi cinque stelle in Canada e a Dubai, poi all’Armani Ristorante Ginza di Tokyo e per quattro anni a Villa Maiella con la famiglia Tinari. Ma solo ora sta mettendo a punto uno stile peculiare, al limite della provocazione intelligente, che sfrutta il potere dell’eterogeusia, ovvero il contrasto fra sapore atteso ed effettivo, mettendo in campo anche nel pairing quelle tecniche di neurogastronomia, che lo chef usa nel piatto. Si tratta del metodo dell’abbinamento al contrario, pensato durante il covid. “Mi sono chiesto perché noi sommelier collocassimo i vini dolci sempre alla fine, dando loro scarsa visibilità, e ho deciso di andare a selezionare tipologie versatili, che potessero essere utilizzate con antipasti, primi e secondi, ed altre solitamente passite, lavorate invece in versione secca. Così è nato un percorso che adatto a tutti i menu, quando l’ospite si mostra disponibile”, dice Tupputi.
Mammoliti: Con Alessandro l’intesa è totale. Mi ha colpito subito il fatto che avesse le sue idee e che fosse così difficile cambiarle. Come me. Poi un anno dopo l’altro, assaggiando i piatti e le bottiglie, siamo cresciuti insieme, fino a maturare e sviluppare un palato differente.
Tupputi: È proprio così. Quando un piatto è ancora in fase di studio, posso già immaginare quali sensazioni voglia trasmettere, quindi parto un pelino avvantaggiato.
Mammoliti: A volte capita che abbia voglia di fare qualcosa di istintivo durante la serata, che lui non sa. Allora gli dico: nel piatto c’è questo e quello, elenco le componenti volatili e di sapore e lui fa l’abbinamento a intuizione. Un rischio che però spesso funziona. E non ci annoiamo.
Tupputi: L’improvvisazione esercita quell’elasticità, che ti permette di essere sempre pronto, nell’evenienza di qualsiasi problema. È uno stimolarsi a vicenda. Quando poi lo chef inizia a creare un piatto, mi chiama ad assaggiare per una prima idea di abbinamento; via via che procede, anche durante il servizio, la ricetta si definisce e io porto in accompagnamento una rosa di vini, in modo da assecondare le diverse propensioni degli ospiti. Spesso partecipa anche alle degustazioni che teniamo con i ragazzi.
Mammoliti: Per esempio qualche giorno fa mi ha fatto assaggiare il Pineau de Charentes bomba di Lheroud, che poi gli ho richiesto per il foie gras poché. Perché quel piatto è il vino, non il foie gras. Basta. Se tu lo guardi è brutto, ma è uno schiaffo in faccia. Oggi credo sia meglio un piatto con meno passaggi, che però trasmette emozioni al cliente, di una composizione instagrammabile. Potrei fare piatti bellissimi, se volessi, ma a me interessano temperatura, condimento e sapore. Il cliente deve tornare il giorno dopo e mangiare un’altra cosa. Solo così si riempie un due stelle.
Tupputi: Siamo sempre alla ricerca di nuove tipologie e di nuove emozioni. La carta è totalmente diversa dalla precedente: abbiamo integrato la struttura delle bottiglie importanti, che ci arrivava dalla gestione precedente, con la nostra filosofia, per mantenere lo standard della Madernassa. Quindi tanti piccoli produttori, compreso un vignaiolo che fa 26 bottiglie alle Azzorre. E io le compro tutte. Finiscono subito? Non è un problema, trovo subito qualcos’altro. E se ho due tavoli con lo stesso menu, non faccio mai lo stesso abbinamento, che è sartoriale. Voglio offrire agli ospiti l’opportunità di conoscere produttori sempre nuovi.
Mammoliti: Alessandro e i ragazzi di sala, prima dell’apertura, hanno trascorso un anno intero a girare tutte le cantine della zona, qualcosa che non gli capiterà mai più. Tutti a studiare.
Tupputi: Per me il vino è un ingrediente da aggiungere a un piatto perfetto, quindi abbinare significa non toccare la sua struttura, accentuare alcune sensazioni, come il barbecue, oppure limare la spigolosità. Si tratta di rendere nitido un determinato profilo. Tutte le sfaccettature di un piatto complesso devono essere valorizzate attraverso vini dinamici, giocando con le temperature. Mi piacciono le tipologie non statiche, che creano uno choc in bocca rispetto al naso. Anche se può essere rischioso, così scatta lo stupore. Quindi l’abbinamento al contrario con i vini dolci, che vuole sfatare il tabù di togliere tutti i paletti. Perché partire per forza con un bianco, se un passito è adatto al piatto? Non ci sono nemmeno problemi di sequenze, perché anche un dessert può arrivare all’inizio. L’importante è che il titolo alcolometrico continui a salire, così è possibile bere dieci calici senza problemi.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.