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Lamole Chianti Classico, Azienda Vinicola I Fabbri, artigiani del vino e innovatori della tradizione

Tempo di lettura: 5 minuti

Annate degustate: 2021,2020,2019,2018,2017,2015

Di Ciro Fontanesi in collaborazione con Andrea Grignaffini

Nel Chianti Classico c’è un luogo che vive di una identità unica, il suo paesaggio si riflette nella stilistica dei vini: Lamole, naturalis extensio del comune di Greve in Chianti dove ai 95 ettari di vigneto si aggiungono i 50 di oliveti e 750 di boschi ad una altitudine che va dai 500 ai 650 metri slm. Lamole sembrerebbe derivare da “lamule” ossia fascia, striscia agricola necessaria per domare l’asperità montana con cui questo territorio deve fare i conti. Linee di muretti a secco disegnano il territorio, i terrazzamenti richiamano inequivocabilmente alla viticoltura eroica già praticata in altri noti areali del vino, Valtellina e Valle d’Aosta, per citarne solo un paio.

Il resto del paesaggio chiantigiano è, in buona parte. ben rappresentato fin dalla prima opera di Giorgio Vasari che, a metà del ‘500, si trova impegnato a dipingere a Palazzo Vecchio di Firenze dove un soffitto, a rappresentazione di una allegoria del Chianti “Ager Clantium” mostra sullo sfondo un paesaggio collinare “morbido” su cui poggiano tre castelli: Radda, Castellina e Brolio a Gaiole.

È proprio in questo contesto che, dal 1600, si inserisce la storia della famiglia Grassi a Casole. Viticoltori, ma anche fabbri – proprietari di un’officina – attività che dà il nome all’azienda. Dal 2000 c’è Susanna Grassi alla guida della cantina “I Fabbri”. Susanna ti abbraccia con il suo afflato lirico di calma, eleganza nella spiegazione del suo territorio, ma al tempo stesso si possono leggere nelle sue mani i segni di una storia, di una lotta per poter adeguare, trasformarsi e trasformare la realtà secondo le proprie esigenze, secondo le proprie idee.

Questa visione rinascimentale dell’uomo è ciò che caratterizza il concetto di “homo faber” e che si lega alla radice del nome “fabbro” che deriva da “faber” seguito da un epiteto che ne designa la materia lavorata. La connessione con il territorio, la modellazione e degenerazione dello stesso per poter sviluppare una viticoltura di qualità e rigenerarsi da essa portando in auge identità e qualità, sono alla base del pensiero lamolese.

Già l’etichetta del Lamole Chianti Classico de I Fabbri, 7 ettari in totale, denuncia una stretta relazione con le radici passate, dal logo centrale, all’effetto seghettato, che può ricordare uno strumento di lavoro all’origine di questa famiglia, all’innesto tra due colori, tra cielo e terra, tra il soffitto vasariano e il terroir lamolese costruito nei dettami di resilienza da “homo faber”, infine ad una asperità acuminata di un paesaggio montano rispetto ad uno collinare. E poi c’è il vino, di finezza e acidità tagliente, elementi dati dall’altitudine e dal suolo. Arenaria, qui chiamata macigno: pietra da costruzione di matrice montana, che riesce a creare una scansione dei profumi nel vino senza eguali.

La degustazione è stata fatta partendo dal vino più giovane servendo i vini ad una temperatura iniziale di 15°C.

Vitigno: Sangiovese 100%, vigneto a 630 metri slm.

Vinificazione: 8 giorni di macerazione in acciaio inox

Affinamento: 12 mesi di affinamento in cemento e 3 mesi di bottiglia prima della messa in commercio

2021

La vendemmia è stata ritardata rispetto agli anni scorsi nella speranza di avere una maturazione migliore nell’attesa di piogge, ma l’abbassamento delle temperature e lo stato delle piante ci ha spinto a non spostare troppo in avanti la vendemmia per evitare l’appassimento delle uve e tenori zuccherini troppo elevati.

Alla vendemmia le uve si presentavano perfettamente sane, con valori zuccherini alti, acidità più alte del solito ma con una buona maturazione della buccia grazie al minor carico d’uva rispetto agli anni scorsi.

Colore brillante piuttosto scarico. Al naso si presenta in HD (alta definizione), profondità floreali da iris, che peraltro è una coltivazione molto importante a Lamole al legno di ulivo, tonalità agrumate da pompelmo rosa.

Attacco di bocca elettrico, vibrante in cui ritorna la potenza floreale e l’agrumato di arancia sanguinella. Tannino centrale rigido, potente, di media persistenza.

La nettezza e scansione dei profumi lo renderà unico in tutta la batteria.

“Elogio alla solitudine”

 

2020

La produzione è stata leggermente inferiore alla media di un buon 20 % a causa di una gelata primaverile con uve però sane e ben equilibrate in tutti i componenti.

Colore brillante ma più denso con una parte centrale più scura.

Attacco al naso decisamente più ricco con tutte le tonalità floreali, a supporto un corredo balsamico, terragno e da erbe di montagna che donano una bellissima complessità.

Il sorso è materico, con una parte di ferrosità sanguigna ben in evidenza. Si apre con un bel volume, di lunga persistenza con un tannino più largo e meno spigoloso, ma con un finale decisamente salato. Vino equilibrato in tutte le sue componenti.

 “Giocando in equilibrio”

 

2019

La produzione è stata leggermente superiore alla media degli ultimi anni con uve sufficientemente sane, grazie ad un’accurata selezione, di buon contenuto zuccherino, buon contenuto acidico e discretamente ricche di polifenoli.

Colore rubino brillante.

L’attacco olfattivo si conceda non più con la freschezza floreale ma con un pot pourri di fiori tra cui iris, giaggioli, scorza di agrumi, e un piccolo accenno speziato.

In bocca entra con l’acidità più sferzante di tutta la batteria che prolunga il sorso ed enfatizza un tannino dal carattere sabbioso e asciugante. Una entrata “verticale” che non concede spazio ad altro. La sua essenzialità e grande acidità lo fanno mutare molte volte nel calice ed è importante far notare come le note iniziali si trasformino in note balsamico-fruttate come una menta-pesca.

“Prinçesa”

 

2018

Alla raccolta le uve si presentavano un contenuto zuccherino ed una acidità rispettivamente superiore e inferiore alla media degli ultimi 5 anni e una maturità fenolica inferiore al 2017. La produzione al netto delle gelate è stata leggermente inferiore alla vendemmia 2017.

Colore rubino con una leggera unghia granata

Al naso si inizia a perdere la parte floreale in favore di note di foglia di tabacco, alloro, ginepro, una sferzata terragna da fungo e un finale ematico ferroso. Complessità folgorante.

Al sorso è completo, lungo e di grande equilibrio. Trova, con il tempo trascorso, una connessione tra le parti e una amalgama davvero sorprendenti (senza aver bisogno del legno). Acidità ben sorretta da una polpa matura del vino che lascia spazio ad una stratificazione di gusto che fa ritornare gli aromi di naso, un affondo salino che lubrifica un tannino progressivo e mai troppo asciugante.

“Anime salve”

 

2017

Anno caldo e siccitoso con vendemmia precoce e uve in forte sofferenza per la siccità con riduzione di produzione per siccità e gelata del 21 22 Aprile.

Colore granato concentrato e denso.

Naso di impatto calorico con note di frutta matura, concentrazione del frutto ma con qualche accenno fresco di sedano. L’impatto dell’annata riflette la natura del vino.

Attacco gustativo sferico, morbido con un tannino dal grip persistente. Finale “lento” in cui resta l’approccio tannico e una polpa matura di frutto.

“Crêuza de mä”

 

2015

Alla vendemmia le uve erano di grande qualità, con maturità tecnologica molto spinta caratterizzata da acidità basse. La maturità fenolica è stata ottima con alti contenuti di antociani e di altri polifenoli nobili facilmente estraibili e stabili. Anche in termini quantitativi la produzione è stata buona, superiore alla media degli ultimi anni.

Colore che ritorna rubino con qualche tonalità granata.

L’olfatto resta chiuso e mostra un po’ di stanchezza. Palette aromatica abbastanza ristretta, su toni speziati e di leggera evoluzione.

Al gusto si lascia un po’ andare in una struttura presente ma non troppo dinamizzata dall’acidità.

“La canzone di Barbara”

Una degustazione che riflette l’identità di Lamole, ma soprattutto l’anima dell’annata, proiettata perfettamente dentro al vino senza dover o voler essere addomesticata. Sei vini diametralmente opposti a distanza di una annata dall’altra.

“In ogni arte, e ciò vale anche per la cucina, la più grande raffinatezza consiste nella sintesi e nella semplicità, evidentemente bisogna rifarsi alla tradizione, ma bisogna dimenticarla senza tuttavia tradirla per negligenza o per non volerne tenere conto”

[Henri de Toulouse-Lautrec]

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