Con circa 29 milioni di bottiglie annualmente prodotte, 123,2 mln di Euro di fatturato (2022) e 83 paesi del mondo serviti, Ruffino mira a un ruolo da protagonista per imprimere lo stimolo decisivo per tutto il settore.
di Giovanna Romeo
Ruffino, azienda fondata nel 1877 a Pontassieve, vicino Firenze, è da quasi 150 anni sinonimo di storia del vino in Toscana. Grandi classici come Chianti Classico Riserva Ducale e Riserva Ducale Oro, Chianti Ruffino e Brunello di Montalcino Greppone Mazzi, sono da sempre la colonna portante e anima della produzione. Acquisita nel 2011 da Constellation Brands, la più importante azienda vinicola americana, oggi Ruffino è una realtà aperta alle molteplici sfide del mercato globale: presenti in quasi 90 paesi, i vini Ruffino costituiscono un segno forte di italianità nel mondo, capace allo stesso tempo di abbracciare una cultura internazionale del vino che cresce e per il quale si prova a immaginare uno sviluppo sostenibile. Con un investimento finanziario di circa 11 milioni di euro, quasi un terzo degli investimenti annuali, lo storico gruppo vinicolo mira così ad avere un ruolo strategico. Tra i primi obiettivi c’è la completa conversione al biologico delle 9 tenute.
La strategia di sviluppo sostenibile, Ruffino Cares, illustrata in modo dettagliato da Marco Frey, Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso la Scuola Superiore Universitaria Sant’Anna di Pisa e presidente della Fondazione Global Compact Italia, organismo delle Nazioni Unite, coadiuvato da Sandro Sartor, Presidente e Amministratore Delegato di Ruffino, Thomas Blasi, CSR & Environment Specialist di Ruffino e Lorena Troccoli, Agronoma e Ruffino Estate Manager, ha puntato a una narrazione incentrata a una visione “di futuro”. Un incontro con la stampa concepito per fare il punto sulle prospettive future di Ruffino, illustrando i risultati raggiunti. L’intenzione è stata quella di indagare cosa si “deve continuare a fare”, tenendo conto di quanto la sfida sia complessa, sfida che spesso richiede azioni che vanno anche oltre i confini.
Il senso del perché la sostenibilità sia importante per Ruffino lo racconta invece Sandro Sartor: “Viviamo in un mondo in trasformazione, di preoccupazioni e allo stesso tempo di grande sensibilità verso molti temi sui quali quotidianamente siamo chiamati a confrontarci. Le aziende hanno due scelte: fare finta di niente o porsi come attori nell’ambito del proprio percorso verso la sostenibilità. Una sfida che ribadiamo è complessa, e di cui non abbiamo tutte le risposte, ma grandi ambizioni troppo spesso a lungo termine. Aspirazioni che devono essere convertite in progetti, piani, micro obiettivi così da sentirli più vicini e più facilmente raggiungibili”.
Ruffino Cares, progetto nato nel 2018 come marchio contenitore di iniziative legate alla Responsabilità Sociale d’Impresa, oggi vera e propria strategia, mette al centro lo sviluppo sostenibile come rappresentato dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG) applicati al comparto vitivinicolo. L’ambiente è solo uno dei quattro pilastri che sorreggono questo percorso, accanto a politiche aziendali orientate alla diversità e all’inclusione, promozione del bere responsabile a vantaggio della società e del comparto, impegno verso gli altri e in particolare verso le comunità locali. L’obiettivo più generale è quello di trasformare il brand toscano in un brand che antepone il benessere delle persone in qualsiasi scelta. Ruffino ha infatti stanziato un budget senza precedenti di circa 11 milioni di euro, cioè il 28% sugli investimenti annuali del gruppo, distribuito su sette anni (dal 2019 al 2025), per mettere in pratica il processo di conversione delle proprie attività produttive verso ambiziosi quanto necessari standard. Parallelamente alla conversione biologica delle 9 tenute che sarà completata con la vendemmia 2024, gli obiettivi Ruffino 2025 prevedono di rendere la propria filiera al 100% sostenibile, facendo da traino anche per le realtà più piccole del proprio indotto, attraverso un taglio delle emissioni del 15% per arrivare al 50% nel 2030, un aumento del 15% dei rifiuti mandati in riciclo per arrivare a zero rifiuti nel 2050, una riduzione dell’utilizzo dell’acqua integrata a un aumento del 25% delle acque riutilizzate nel processo di produzione. A questi obiettivi, si aggiungono le molte necessarie certificazione e azioni come quelle sulla valorizzazione della biodiversità, sul sostegno al tessuto sociale locale e sull’inclusione di categorie svantaggiate portando una visione olistica che vuole andare oltre lo stesso concetto di sostenibilità.
“Casi come quello di Ruffino – sostiene il prof. Marco Frey – mostrano un assunto fondamentale della sostenibilità: è possibile, oltre che necessario, fare meglio con meno. Il volume di vino prodotto negli ultimi decenni in Italia è assai diminuito, ma il comparto è cresciuto perché sono cresciuti il valore della produzione, la qualità e l’export. In questo senso, l’enologia italiana sta compiendo un percorso emblematico che rispecchia il ruolo cruciale delle aziende, accanto alle istituzioni e ai cittadini, nel rendere il cambiamento possibile”.Sandro Sartor, Presidente e Amministratore Delegato di Ruffino e vice presidente di Unione Italiana Vini, afferma: “In questa gara non c’è chi arriva primo e chi arriva ultimo, ma bisogna arrivare tutti. Le attività del settore vitivinicolo sono in regime di interdipendenza con la disponibilità di risorse naturali (risorse energetiche, acqua, clima, suolo, aria ed ecosistema) e col tessuto socioeconomico nel quale si collocano”.
Con l’anno fiscale 2022 Ruffino ha pubblicato il suo quarto bilancio di sostenibilità certificato. Sebbene non esista per legge un modello unico a cui attenersi, le informazioni che Ruffino ha rendicontato seguono le linee guida internazionalmente riconosciute del Global Reporting Initiative.