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SAMPDORIA - BOLOGNA

Sampdoria-Bologna, la bella stagione, Mancini, il verdicchio, i colli bolognesi e il punk

Tempo di lettura: 7 minuti

Prendendo ispirazione da quella del Napoli di Spalletti, la cavalcata di Champions Wine nella Serie A prosegue con un’altra partita tutta da degustare. Per la ventitreesima giornata abbiamo scelto Sampdoria-Bologna, partita che sa già di ultima spiaggia per i doriani in chiave salvezza e che spesso in passato lo è stata per entrambe le squadre. Il Bologna invece, in acque più tranquille, cerca una vittoria per provare a dare un po’ di adrenalina al suo campionato con una sfumatura europea. E il vino? Ci arriviamo, le bottiglie di classe non mancheranno di certo…

di Raffaele Cumani & Antonio Cardarelli

Gli incroci tra Blucerchiati e Rossoblù sono stati diversi in tanti anni di Serie A e le emozioni non sono mancate. Il primo link tra le due squadre non arriva però né da Bologna né da Genova, ma dalle Marche, da Jesi per la precisione e, a proposito di talento cristallino, si chiama Roberto Mancini, leggenda della Sampdoria della “Bella Stagione” con il gemello del gol Gianluca Vialli e CT della nazionale del miracolo di Wembley, in occasione dell’Europeo 2020 vinto nel 2021.

“Vedere giocare Sampdoria è come sentire bella musica”, diceva Boskov.

E il direttore d’orchestra di quella squadra era senza dubbio il Mancio, che, prima di stregare Mantovani e passare alla Samp per la cifra monstre per un diciassettenne di 4 miliardi di lire, esordì tra i grandi proprio con il Bologna. Il campionato era quello 1981-82, una stagione di lutto per i tifosi rossoblù perché la squadra scese in B per la prima volta nella sua storia dopo un record di permanenza nella massima serie detenuto – dopo la prima retrocessione milanista – insieme a Juventus e Inter. Il Mancio, il più forte calciatore a non aver mai giocato ad un Mondiale, fu di fatto l’unico sorriso di una stagione da dimenticare in terra emiliana. I destini del Bologna e di Mancini prendono poi da lì direzioni inverse. Il fu “squadrone che tremare il mondo fa” vivrà decenni complicati con ripetute retrocessioni, cambi societari e qualche stagione esaltante (ma ci arriviamo). Esordio a 16 anni, 9 gol e inizio di una carriera da predestinato per il giovanissimo Mancio. Vediamo subito una carrellata di gol in rossoblù con una succosa intervista che lascia già immaginare tutta la personalità del Mancio.

E da appassionati eno-calcistici a questo punto non si può non scomodare subito qualche grande bottiglia, un abbinamento per prossimità al 10 di Jesi, che per noi vuol dire soprattutto Verdicchio, il grande bianco marchigiano. Classe, tocco morbido e verticalità sono gli ingredienti del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore di Villa Bucci, cantina che ha dimostrato le potenzialità di questo territorio. Vino che non è salito sul tetto d’Europa nel 2021, ma su quello del mondo, piazzandosi secondo nella “The Enthusiast 100” classifica delle migliori etichette mondiali secondo la rivista di critica americana Wine Enthusiast. Corpo, armonia, eleganza per un bianco che come Mancini evolve e migliora con l’età.

Verdicchio Bucci

Standing ovation per gli jesini più illustri con quello che per noi è il gol del Mancio che più ci fa volare, tutto da gustare.

Nazionale a parte, il predestinato Mancini si toglierà grandi soddisfazioni negli anni della Samp vincendo uno Scudetto con una banda di talentuosi e pazzi al punto giusto da mettersi alle spalle il Napoli di Maradona e la nobiltà del calcio italiano: Juventus, Milan e Inter. Giovani incoscienti che si fanno largo tra adulti impettiti e si prendono la scena: lo Scudetto della Samp 91-92 ha un sapore molto punk, come gli ossigenati Vialli, Cerezo e Bonetti, tinti di biondo proprio per festeggiare il tricolore.

Verum

E noi per celebrare la generazione d’oro di quella Samp, quello scudetto che è un po’ di tutti quelli che amano il bel calcio, stappiamo un’altra bottiglia di bianco, non genovese ma comunque ligure, il Verum Riviera Ligure di Ponente della cantina che consideriamo l’Università del Pigato, Vis Amoris.

La forza dell’amore, la pienezza goduriosa, la sferzata marina e la sfrontatezza nell’osare in una bottiglia che tanto ci ricorda quella squadra magica.

Un sapore punk, dicevamo, che ci porta dritti a Bologna, la culla del punk italiano, città che ha ospitato il primo concerto italiano dei Clash, la band simbolo del punk inglese, che negli anni ha avuto il coraggio di staccarsi dagli stereotipi iniziali per diventare una delle più grandi rock band di sempre. È il primo giugno del 1980, Joe Strummer e soci hanno appena dato alle stampe l’album London Calling, ma vengono accolti dalla contestazione dei punk della prima ora bolognesi, indispettiti dal fatto che il concerto sia stato organizzato dal Partito Comunista locale e dal presunto “tradimento” della band, che ha realizzato un album ricco di contaminazioni abbandonando le schitarrate arrabbiate dei primi due dischi. Ma a Bologna, in quel periodo, si respira un’aria piuttosto frizzante (e qui scomodare il pignoletto dei suoi colli sarebbe estremamente facile!) e ci si sente liberi di protestare contro qualsiasi cosa: sono gli anni post radio libere e movimenti del ’77. Nell’Università più antica del mondo regna la creatività e la contestazione, ed è nato da poco il Dams, che ci richiama alla mente una delle scene cult di “Paz”, con un Ricky Memphis che arriva a Bologna direttamente dal Consorzio di Bonifica di Latina per dire la sua (?!) durante l’esame…

Essere punk, soprattutto nella visione più politicizzata dei Clash, significa stare dalla parte degli ultimi e degli emarginati, il filo conduttore delle canzoni di Fabrizio De André, genovese doc ma che poco ha a che fare con la Samp, essendo un tifoso accanito del Genoa. E proprio questo filo conduttore punk ha spesso tenuto per mano i tifosi delle due squadre.

Nella loro storia Bologna e Sampdoria, che pure hanno avuto i loro momenti di gloria più o meno lontani,
hanno vissuto infatti stagioni complicate, e gli incroci che andiamo a raccontare riguardano proprio quei momenti.

La prima partita è quella che chiude idealmente il ciclo vincente della Samp di Vialli e Mancini, con i Blucerchiati che retrocedono in B per la prima volta dall’indimenticabile Scudetto festeggiato col fantastico travestimento da Europe.

Al Dall’Ara arriva una Samp, allenata da Luciano Spalletti, con un disperato bisogno di vincere per provare a salvarsi all’ultima giornata. Ma la doppietta di Montella non basta, perché al futuro bomber della Roma risponde con due gol – uno su rigore lasciato da Signori al 94° – il compianto Klas Ingesson. Per la Samp sarà una stagione da incubo, l’atto finale della “Bella Stagione” davanti ad un Bologna che non ha più nulla da chiedere alla sua forse miglior stagione degli ultimi decenni. I tifosi doriani sperano così nell’errore dagli undici metri, ma lo svedesone si comporta con professionalità glaciale e calcia come in una finale di Champions League insaccandola. Carlo Mazzone, nella sua seconda gestione rossoblù, porterà i felsinei dall’Intertoto fino alla sfortunata semifinale di Coppa Uefa (poi vinta dal Parma del sempre citato totem eno-calcistico Alberto Malesani). Pur avendo per il momento solo sfiorato l’incontro con Roberto Baggio, Mazzone entra con il suo Bologna tra le Magnificent Seven del calcio italiano proprio dopo lo spareggio contro l’Inter del fresco ex Divin Codino. Favoriamo hi-lites della partita, dove i più attenti noteranno sugli spalti uno striscione che recita “come nel ‘64”, chiaro riferimento all’unico scudetto assegnato in uno spareggio, vinto proprio dai rossoblù ai danni dei nerazzurri, ma questa come sempre è un’altra storia… 

Nel 2005 arriva la vendetta della Samp in una sfida da Death or Glory, per dirla con i Clash. Blucerchiati a caccia di una vittoria per qualificarsi ai preliminari di Champions, Bologna in cerca dei tre punti per rimanere in Serie A. Alla fine sarà uno zero a zero che scontenta tutti: una Samp ri-lanciatissima dal presidente Garrone deve “accontentarsi” della Uefa e del quinto posto, il Bologna – anche questa volta con Mazzone, al terzo mandato in panchina – rimanda tutto allo spareggio salvezza contro il Parma. Derby che si risolverà con la salvezza del Parma grazie ai gol di un giovane Gilardino e di Cardone. Se la partita precedente chiudeva la bella stagione doriana, questa chiude idealmente la parabola calcistica del compianto Cavalier Gazzoni Frascara, presidentissimo innamorato del bel calcio che salva il Bologna dopo il fallimento in C1 e, ad astra per aspera, porta sotto le Due Torri giocatorini come Roby Baggio, Beppe Signori, “El Jardinero” Cruz, i vichinghi Kenneth Anderson e Klas Ingesson o il samurai Nakata solo per citarne alcuni.

Bonzarone

Roba da leccarsi i baffi, o da stappare una grande bottiglia dei Colli Bolognesi (che nel frattempo sono diventati patrimonio dei Lunapop con buona pace dei punk contestatori) come il Bonzarone, il cabernet sauvignon di spessore ed eleganza di Tenuta Bonzara che proprio in quegli anni faceva parlare anche della Bologna enologica.

La parabola del Bologna di Gazzoni, dicevamo, si infrangerà dopo una lunga e complicata lotta contro i mulini a vento in cui il “gran signore” del calcio come un Don Chisciotte prova a scardinare il sistema sul cosiddetto “doping amministrativo”.

Così, il Bologna dopo un decennio di relativa tranquillità sprofonderà nuovamente in anni di avvicendamenti societari e nuove retrocessioni, mentre da lì a poco scoppierà lo scandalo calciopoli, ma questa ancora una volta è un’altra storia.

Nobili decadute o provinciali di lusso che dir si voglia,
Samp-Bologna è un incrocio eno-calcistico di grandi e passionali storie, spesso di sofferenza e qualche volta di esaltazione per i tifosi.

Storie di società a volte in difficoltà ma anche di grandi presidenti come Mantovani, Garrone, Dall’Ara o Gazzoni Frascara, uomini che hanno amato, esultato e sofferto per i propri colori.

pignoletto

Tirar su di morale o far gioire è compito di qualche buona bottiglia, noi umili appassionati stapperemo un bianco “di lusso”, super autoctono e dal grande rapporto qualità prezzo vista la natura punk della sfida. 

Magari un bolognesissimo Pignoletto Superiore Colli Bolognesi di Gaggioli o il ligure Colli di Luni Vermentino Etichetta Nera di Lunae Bosoni

vermentino-colli-di-luni-etichetta-nera-lunae-bosoni

E chissà se la qualità della partita sarà ruvida e potente, come nel primo periodo dei Clash, oppure se prenderà altre sorprendenti strade, come la band di Joe Strummer e Mick Jones ha saputo fare con gli album successivi, partendo proprio da London Calling. Pezzo immortale, un buon calice di vino e partita. 

Non resta che goderci una nuova storia. Ce la farà la banda Stankovic, dopo un nuovo periodo di vicissitudini societarie, a dare la zampata decisiva alla salvezza e dirsi, guardando alla classifica, Should I stay or Should I go?

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