Dati contrastanti sulle vendite dello scorso anno: adesso è il momento delle grandi sfide

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Il mercato interno del vino sopperisce a un calo (non generalizzato) nelle esportazioni: ecco come l’Italia prepara presente e futuro

di Andrea Grignaffini

I mesi a venire serbano sfide di estrema importanza che riguardano in modo diretto le sorti di molti nostri produttori e – per certi versi – il destino stesso della cultura del bere di qualità, di cui l’Italia è emblema, ma rappresentano altresì un’opportunità unica per il vino italiano per riaffermare la sua posizione d’eccellenza nel panorama vinicolo internazionale, attraverso uno strategico adattamento alle attuali dinamiche di mercato e alle necessità delle nuove fasce di consumatori.

Situazione export

Il 2023 in generale si è rivelato un anno da dimenticare per tutti i Paesi produttori: le nostre esportazioni di vino sono state influenzate negativamente dai cali dei consumi in alcuni mercati chiave, complici l’obiettivo di destocking degli importatori, la crisi inflattiva causa di un ridotto potere di acquisto e la sempre crescente attenzione delle nuove generazioni a uno stile di vita healthy. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, per quanto l’export tricolore chiuda il 2023 con una leggera contrazione dell’1% nei volumi, ci riconfermiamo leader nelle esportazioni. In linea con le tendenze mondiali, le maggiori difficoltà hanno interessato i vini rossi Dop e Igp (che scendono rispettivamente dell’8% e del 6%), mentre meglio hanno performato i bianchi a denominazione in bottiglia, poiché il calo di esportazioni negli Stati Uniti è stato controbilanciato dagli acquisti di Regno Unito e Paesi Bassi.

D’altro canto, si è verificato un buon incremento delle vendite di vini sfusi (circa il 12%) destinati in primis alla Germania. Invece, dopo anni di crescita irrefrenabile, le importazioni di spumante italiano si sono ridotte in volume nei primi due mercati mondiali, Regno Unito e USA (qui il nostro Paese mantiene una quota di mercato superiore al 30% seconda solo alla Francia, mentre il Prosecco si conferma il vino italiano più venduto). Positiva è la crescita nell’Est Europa e ancor meglio in Francia, con un +25% che riflette, secondo autorevoli analisi, la conseguenza dell’”effetto sostituzione” del costoso Champagne con lo spumante generico, un prodotto più in linea con il ridimensionato potere di acquisto dei consumatori d’Oltralpe.

Consumi interni

Parallelamente il mercato interno appare robusto, seppur interessato da una tendenza dei consumi domestici in calo legata principalmente al caro prezzi. Nello scorso anno sono stati venduti nella Grande Distribuzione oltre 756 milioni di litri di vino e spumante: il Prosecco guida la classifica (i consumatori hanno scelto un approccio prudente, privilegiando etichette in promozione o più convenienti rispetto ad altre) seguito da vini come il Chianti, il Lambrusco e il Montepulciano d’Abruzzo. Tra gli “emergenti” con maggior tasso di vendita, spiccano il rosato Cerasuolo dell’Abruzzo e varietà come il Pecorino, il Grillo e il Lugana, che stanno acquistando popolarità tra i consumatori. Complessivamente, il canale ha visto aumenti nelle vendite a valore a fronte di un calo nei volumi; i vini fermi (Doc, Docg, Igt) hanno registrato una flessione in volume e una crescita in valore e prezzo medio; nello specifico i rosati hanno venduto meglio dei bianchi, i bianchi meglio dei rossi e i vini fermi meglio dei vini frizzanti.

Le sfide nel 2024: possibili risposte e ruolo italiano nella cultura del bere

Ora, a fronte dell’esiguità dell’ultima vendemmia (a causa delle condizioni climatiche estreme e delle malattie fungine che hanno interessato il raccolto del 2023), considerate le nuove tendenze salutistiche e le pressioni inflattive che stanno plasmando una domanda sempre più polarizzata verso vini premium e di fascia bassa, a scapito delle etichette di fascia media del Made in Italy enologico, appare essenziale valutare quali siano le leve su cui puntare affinché la nostra secolare tradizione vitivinicola possa riprendere a prosperare, in Patria e all’estero. Abbracciando gli impegni in tema di responsabilità ambientale, che diventano primari per il futuro del settore, e confidando nel progresso scientifico sia a livello produttivo (si pensi l’integrazione dell’AI e alla blockchain, garanzia di tracciabilità e conformità agli standard di sostenibilità) che nelle strategie di sales & marketing (in particolare sul tema delle vendite di vino online), i produttori italiani hanno l’occasione di rimodulare un’offerta in grado di adattarsi a un contesto mutevole, iniziando a scommettere anche su piazze alternative in termini geografici e demografici.

In questo scenario, il percorso della qualità potrebbe guardare anche ad opzioni con tenore alcolico più basso, confezioni ecocompatibili, vini più “immediati” e accattivanti per chi esplora per la prima volta il mondo del vino. Tenendo bene a mente che l’Italia, patria del vino e culla dell’enologia, ha la responsabilità di diffondere il proprio modello di consumo guidando le nuove generazioni agli intramontabili valori del vino che cominciano con la gioia della condivisione e l’opportunità di degustare il frutto di un’arte millenaria, piaceri ben lontani dal bere finalizzato allo stordimento. La Dieta Mediterranea, di cui il vino è immancabile protagonista, è uno strumento di marketing potentissimo anche in relazione all’enoturismo, contribuente sempre più rilevante alle entrate del settore.

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Andrea Grignaffini

Docente di enogastronomia, critico e gastronomo tra i più preparati del nostro tempo, da febbraio 2024 è il nuovo direttore editoriale di Vendemmie

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