di Federico Gordini
I dati che emergono dalle ricerche sul consumo di vino e di alcol tra i consumatori di nuova generazione fanno scattare un campanello d’allarme: percentuali in continuo calo. Servono dialogo, comunicazione, iniziative, ma soprattutto tempo e molta pazienza
Il 2023 si chiude con i dati shock di una ricerca Ipsos sui consumi del vino tra i giovani e giovanissimi consumatori francesi, da cui emerge una fortissima distanza tra il mondo enoico e le più recenti generazioni di consumo. Se quasi il 50% degli under 35 non consuma vino (dato già fortemente preoccupante), la distanza dal mondo del bicchiere diventa ancor più forte tra i neo-maggiorenni: l’ 80% dei consumatori tra i 18 e i 19 anni non bevono vino in nessuna occasione.
Il campanello di allarme era già suonato dopo ricerche sul mercato statunitense, che testimoniavano un ruolo dominante nei consumi vinicoli da parte degli over 60 (32,6%), ma volumi in netta decrescita con lo scendere dell’età, in contrasto con una generazione Millennial che non segue i trend di consumo dei padri e la conseguente diminuzione dei volumi di consumo (a fronte di scelte più qualitative) da parte della Gen Z.
Anche in Europa i dati confermano di una nuova generazione di consumatori che beve di meno, essendo invece disposta a spendere per prodotti di maggiore qualità con una forte propensione alla sperimentazione e alla novità. In Inghilterra, secondo uno studio di Wine Intelligence, il numero di consumatori di vino abituali tra i 18 e i 39 anni è sceso dal 37% del 2010 al 21% del 2023. A questi dati fa da contraltare l’innalzamento del valore medio delle bottiglie scelte dai giovani consumatori che rappresentano il 34% della spesa totale nel canale off premise (che comprende tutto il mondo del retail dalla grande distribuzione alle enoteche).
I cali dei consumi tra i giovani sono sicuramente influenzati da nuove tendenze di consumo (basti pensare alla crescita del mondo “no e low alcool” che sono aumentati del 7% nel 2023, raggiungendo un valore di 13 miliardi di dollari nei mercati più importanti) e da una concorrenza molto forte degli altri settori del beverage, dalla birra agli spirits e alla mixology. Settori che storicamente puntano sulla comunicazione e sull’interazione con il consumatore finale, a differenza del mondo vinicolo che ha quasi sempre puntato la maggior parte degli investimenti su una comunicazione dedicata agli addetti ai lavori e alla formazione degli intermediari di vendita che presidiano i vari canali, privilegiando un approccio “tecnico” ad una comunicazione semplice, diretta, coinvolgente e attrattiva per il consumatore finale.
Una situazione difficile in uno scenario di competitor che sono in molti casi rappresentati da grandi aziende, spesso multinazionali, in grado di investire per strutture e marginalità specifica cifre decisamente diverse da quelle del vino. Per citare un esempio, negli USA gli investimenti pubblicitari del mondo vinicolo nel 2023 sono stati 13 volte inferiori a quelli della birra e circa un quarto di quelli del mondo spirits.
Come recuperare competitività e coinvolgere quei consumatori che dovranno garantire i consumi vinicoli dei prossimi quarant’anni, a partire da un mondo caratterizzato dalla presenza di poche aziende di grandi dimensioni e di un esercito di piccole realtà?
Serve certamente una buona dose di coraggio per recuperare il forte gap comunicativo, investendo su progetti specifici (anche di marketing) sul medio periodo che possano rafforzare il rapporto tra il vino e il pubblico. E’ necessario un approccio paziente, simile a quello che si deve avere nel momento in cui si impianta una nuova vigna: un investimento di risorse e tempo che porta i suoi primi frutti a distanza di qualche anno.
I giovani vanno ascoltati, coinvolti, compresi e coltivati con costanza, attraverso una serie sempre più fitta di iniziative a loro dedicate che, sfruttando i canali del retail, dei locali di somministrazione e degli eventi, permettano la creazione di esperienze innovative che generino interesse fidelizzando il target.
La straordinaria popolarità dell’enoturismo tra i ventenni mostra come il racconto, la storia aziendale e l’esperienza del territorio siano driver di grandissimo interesse: non credendo che tutti i consumatori possano vivere la dimensione dell’ospitalità, è indispensabile creare format che portino il racconto sulla vita del vino, anche nei grandi luoghi di consumo e di vendita.
Pensando ai mercati esteri, per aumentare la frequenza delle azioni di comunicazione e l’audience delle stesse, saranno necessarie un numero crescente di “iniziative di sistema”, capaci di legare il mondo del vino ad altre eccellenze dell’agroalimentare italiano. Una strada, quella di progetti che incrocino le filiere del vino e dell’agroalimentare, che diventerà sempre più stringente per la promozione internazionale delle nostre produzioni.
Soprattutto in considerazione della vera e propria “stretta” sulla promozione degli alcolici che caratterizza la visione e le politiche dell’Unione Europea: dagli “Health Warnings” (le etichette che riporteranno indicazioni alla chiusura – prevista nel 2026 – dei fondi per la promozione internazionale (i cosiddetti OCM) che hanno sostenuto in maniera determinante gli investimenti di promozione estera dei nostri Consorzi e delle nostre aziende (e che saranno presumibilmente sostituiti da progetti che mireranno all’integrazione tra le filiere agroalimentari).
Promuovere contemporaneamente i nostri prodotti più identitari, non sarà solo un modo per vendere italianità creando nuove occasioni di comunicazione e presidiando nuovi mercati, ma ci aiuterà a proporre alle nuove generazioni un modello di consumo responsabile come quello rappresentato dall’abbinamento tra cibo e alcolici. Coltivando la domanda, insomma, con la consapevolezza che solo rafforzando la presenza fisica si possano conquistare – e soprattutto riconquistare – consumatori giovani e meno giovani.

Federico Gordini, editore di MWW Media – Vendemmie, ha un’esperienza ventennale nell’ambito della comunicazione per il settore agro-alimentare ed è l’ideatore e produttore di format come Milano Food Week, Milano Wine Week e World Aperitivo Day.